Assegno divorzile non dovuto. Che fine fanno le somme percepite?

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Premessa

La Corte di Cassazione, con sentenza n.28646 del 18/10/2021, ha trattato un tema di particolare importanza nell’ambito del diritto di famiglia e, in particolare, dell’assegno divorzile.

I Giudici, infatti, hanno statuito che l’accertamento dell’insussistenza del diritto all’assegno divorzile comporta che lo stesso non sia dovuto dal momento giuridicamente rilevante in cui decorre la sua iniziale attribuzione: momento coincidente con il passaggio in giudicato della statuizione di risoluzione del vincolo coniugale.

La pronuncia

La vicenda trova origine in una pronuncia del Giudice di prime cure che statuiva la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto tra due coniugi e imponeva la corresponsione di un assegno divorzile in favore della ex moglie in ragione della sproporzione tra le situazioni reddituali e patrimoniali dei due e al fine di permettere al coniuge debole di conservare il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio.

La Corte d’Appello, invece, revocava l’assegno divorzile disposto a carico dell’ex marito in favore dell’ex moglie e condannava quest’ultima alla restituzione delle somme ricevute a titolo di assegno divorzile.

Della questione veniva poi investita la Corte di Cassazione che doveva pronunciarsi in merito alla decorrenza della ripetibilità delle somme, in altre parole è opportuno verificare il momento a decorrere dal quale operi detta ripetibilità nella specifica ipotesi in cui la corte di appello abbia modificato la decisione del tribunale negando la sussistenza dei presupposti per l’attribuzione dell’assegno divorzile.

Nel caso di specie la Corte d’Appello aveva già ritenuto che i mezzi economici della ex moglie “…fossero e sono adeguati a mantenere un tenore di vita più che dignitoso e finanche a supportare in parte economicamente le figlie maggiorenni, che continuano comunque a percepire direttamente un assegno mensile ed a fruire di ulteriori sostegni, previsti in sentenza, da parte del padre…” e ciò giustificava, ad opinione della Corte territoriale, la revoca dell’assegno dovuto all’ex coniuge.

La giurisprudenza di legittimità ha già opinato che l’accertamento dell’insussistenza del diritto all’assegno divorzile comporta che quest’ultimo debba ritenersi non dovuto dal momento giuridicamente rilevante in cui – salva la possibilità di fissazione di un termine diverso – la sua iniziale attribuzione decorre. Questo momento, quindi, andrebbe a coincidere con il passaggio in giudicato della statuizione di risoluzione del vincolo coniugale.

Ne deriva, pertanto, che l’obbligo di restituzione delle somme a carico dell’ex moglie, dovrà riguardare anche il periodo ricompreso nell’intervallo di tempo tra il momento in cui l’ex moglie ha effettivamente iniziato a percepire le somme, poi risultate non dovute, “fino a quello della già citata ordinanza di questa Corte n. 20525 del 2017”.

La Corte evidenzia poi che l’azione di ripetizione di somme pagate in esecuzione di un provvedimento giudiciale provvisoriamente esecutivo, poi riformato, non deve essere inquadrata nell’istituto dell’indebito di cui all’art.2033 c.c. (per due ordini di ragioni, in primis perché riguarda una ricomposizione della situazione patrimoniale precedente al provvedimento, inoltre perché il comportamento del c.d. accipiens non può essere valutato in merito alla buona o mala fede).

Come precisa la Corte, l’art.2033 c.c. “riguarda un pagamento eseguito nell’ambito un rapporto privatistico, pur se erroneamente ritenuto, e non nell’ottemperanza di un atto pubblico autoritativo”, da ciò derivandone pure che, “per quanto concerne gli accessori della somma da restituire, non rileva lo stato soggettivo di buona o mala fede dell’accipiens ma l’assenza originaria di causa del pagamento, ossia del corrispondente arricchimento della controparte, con l’ulteriore conseguenza della necessità di porre il solvens nella stessa situazione patrimoniale in cui versava prima di pagare”.

Ne deriva che gli interessi legali sul quantum da restituire dovranno seguire quanto previsto dall’art.1282 c.c. e, quindi, dovranno essere riconosciuti dal giorno del pagamento e non da quello della domanda.

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