L’attività chirurgica. La colpa e il nesso causale

Responsabilità sanitaria

Elemento soggettivo della colpa

La responsabilità del professionista va affermata in presenza di una condotta imputabile al medico caratterizzata da dolo o colpa, consci che il grado di colpa debba essere valutato in relazione alle regole tecniche che caratterizzano quella determinata attività, al grado di diligenza, prudenza e perizia, al rispetto delle linee guida.

Nello specifico rileva la perizia che può definirsi come la conoscenza e applicazione di regole tecniche proprie della categoria professionale di appartenenza (le c.d. leges dell’ars medica che sono volte a definire l’ambito del rischio consentito e, quindi, l’ambito di liceità di ogni intervento).

Insomma, ogni sanitario dovrà svolgere la sua professione nel rispetto sia delle leggi dell’arte comuni (cioè di qualsiasi ramo della medicina), che delle regole di condotta dello specifico settore (quindi della specifica specializzazione).

La colpa medica, quindi, ricorrerà ogni volta in cui potrà rinvenirsi un’inosservanza o una violazione delle specifiche regole di condotta che il sanitario avrebbe dovuto tenere.

Va però ricordato che la responsabilità del professionista deve essere limitata alle sole ipotesi di dolo o colpa grave qualora lo stesso sia di fronte ad un intervento (o comunque una prestazione) di peculiare difficoltà, sempre con riferimento alla valutazione del carattere di perizia (e non quando, invece, si tratti di imprudenza o negligenza).

Il nesso causale

Nel sistema generale della responsabilità civile, un danno è risarcibile quando sia sussistente un nesso di causalità tra la condotta posta in essere dall’agente (nel nostro caso il sanitario) e l’evento lesivo procurato al danneggiato (nel nostro caso il paziente). È quella caratteristica definibile come la necessaria riferibilità della condotta all’agente.

La giurisprudenza, al fine di accertare la sussistenza del nesso di causalità, ha più volte richiamato il criterio della regolarità causale: la normale (ragionevole probabilità) idoneità di un determinato fatto a causare un determinato effetto.

Molto spesso nelle perizie medico legali si legge il termine “prevedibilità”: l’evento dannoso deve essere prevedibile nel caso in cui il sanitario attui una condotta omissiva o colposa (cioè, se il medico avesse tenuto una condotta corretta, allora l’evento dannoso, con un grado di ragionevole probabilità, non si sarebbe verificato).

Va però sempre valutato un secondo elemento: la preesistenza, concomitanza o sopravvenienza di altri fattori esterni che abbiano comportato l’evento lesivo o, comunque, che abbiano contribuito ad aggravarne l’esito infausto.

In particolare, la Cassazione ci ricorda che la valutazione della condotta colposa del sanitario, deve avvenire in un secondo momento, in quanto in primis va valutato se, secondo il criterio del più probabile che non, la condotta alternativa (quella corretta) avrebbe impedito l’evento con una probabilità superiore al 50% (cfr. Cass. Sez. III, sentenza n.21619/2007).

Insomma, “se il trattamento del sanitario è astrattamente configurabile in termini di gravissima negligenza, ma il danno al paziente deriva da altra patologia o evento del tutto (o anche probabilmente) indipendente dal comportamento del sanitario stesso, l’indagine sulla colpevolezza di questi è preclusa dalla interruzione del nesso causale tra il suo comportamento (omissivo o erroneamente commissivo) e l’evento”.

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