L’evoluzione del concetto di CSR

Il concetto di CSR si è evoluto nel corso del tempo nell’ambito di differenti teorie e visioni dell’impresa stessa.

La responsabilità sociale d’impresa è un prodotto del XX secolo, infatti tale tematica risale già ai tempi della prima rivoluzione industriale, con l’introduzione di macchinari e di nuovi ritmi di produzione e sfruttamento delle risorse naturali ad alta intensità.

Tuttavia, gli scritti formali sulla responsabilità sociale sono in gran parte iniziati negli ultimi cinquanta anni.

L’origine del riconoscimento scientifico della CSR viene generalmente ricondotta all’economista americano Howard Rothmann Bowen, che, nella pubblicazione intitolata “Social Responsibilities of the Businessman” nel 1953, evidenzia le conseguenze sociali di ogni decisione economica e afferma che l’impresa stessa esista in quanto tale per rispondere alle necessità della società.

Infatti, Bowen definisce questo orientamento gestionale come “l’insieme di politiche, decisioni e azioni che allineano l’operato dell’impresa agli obbiettivi e ai valori della società”.

Per i meriti sopra enunciati, Bowen merita la denominazione di “padre” della responsabilità sociale d’impresa.

Nel corso degli anni ’60, la CSR inizia ad essere identificata come un legame tra le esigenze e le aspettative della società con i principi economici del funzionamento dell’impresa.

Grandi accademici di questa letteratura sono Frederick (1960), Keith Davis e McGuire (1963).

In particolare, Davis si esprime con la seguente affermazione: “la CSR comincia dove termina la legge”, ovvero che “un’azienda non può dirsi socialmente responsabile se si attiene ai minimi requisiti di legge: è quanto ogni buon cittadino dovrebbe fare”.

Con l’inizio degli anni ’70, Harold Johnson’s nel libro Business in Contemporary Society: Framework and Issues, afferma che i manager, in un’impresa socialmente responsabile, devono bilanciare una molteplicità di interessi di carattere economico, sociale, ambientale e il benessere dei dipendenti al fine di prendere la migliore decisione aziendale.

Inoltre, in questo periodo storico, si inizia a parlare di un nuovo modello aziendale, secondo cui l’impresa sceglie di impegnarsi nel sociale e di sfruttare in modo mirato il proprio potere per non perdere la sua posizione di dominanza a favore di quelle imprese che si assumeranno tale responsabilità. 

Il primo a introdurre il tema della responsabilità sociale d’impresa nelle teorie di management, tuttavia, è Carroll, professore e direttore del Nonprofit Program and Community Service Program nel Terry College of Business presso l’università della Georgia, USA.

Carroll nel 1979 teorizza la “Piramide della responsabilità sociale d’impresa”, (figura 1.1), un importante contributo teorico alla definizione di CSR, poiché comprende, fra le responsabilità di un’organizzazione, le aspettative economiche, giuridiche, etiche e filantropiche la società avanza nei confronti delle imprese.

La Piramide di Carroll è composta da quattro diversi ordini di responsabilità:

  • Le responsabilità economiche: generare profitto
  • Le responsabilità morali: operare nel pieno rispetto delle leggi
  • Le responsabilità etiche: operare nel rispetto delle persone e dell’ambiente
  • Le responsabilità filantropiche: generare valore per la società civile 

La rappresentazione a forma di piramide vuole trasmettere l’idea che le imprese, attraverso le proprie azioni e decisioni, sono chiamate a soddisfare simultaneamente tutte e quattro le responsabilità, partendo dalla base fino ad arrivare alla cima della piramide.

L’orientamento ambientale, sociale e la relativa reputazione d’azienda attenta alla sostenibilità dipendono da come l’impresa bilanci le quattro diverse responsabilità e i relativi trade-off nei propri processi decisionali e nella definizione della propria strategia.

Gli anni ’80 sono caratterizzati dal contributo di due filoni della letteratura: La teoria degli Stakeholder di Freeman (1984) e gli studi di Business Ethics.

La prima afferma che gli interessi economici, sociali e ambientali degli stakeholder hanno un valore intrinseco e meritano considerazione nel processo decisionale. I manager, infatti, devono trovare i metodi adatti con cui possono dare ascolto a tali interessi, al fine di creare una relazione cooperativa tra impresa-stakeholder e di operare con successo.

Gli studi di Business Ethics, invece, indicano quell’insieme di principi morali, regole e norme etiche che guidano l’agire quotidiano delle imprese. Queste, cioè, devono rispettare norme e regolamenti legali, preoccupandosi di operare secondo principi morali che sono alla base della convivenza sociale.

Un altro autore che ha considerato la responsabilità sociale d’impresa da una prospettiva interessante è Thomas M. Jones.

Secondo lui, in primo luogo, le società hanno degli obblighi nei confronti di gruppi sociali diversi dagli azionisti e oltre quello prescritto dalla legge e dal contratto sindacale. Tale obbligo deve essere adottato volontariamente, andando al di là dei vincoli normativi.

In secondo lungo, ha posto maggiore attenzione non sul fine economico dell’impresa, ma sulle modalità con cui tale scopo viene perseguito e sulla sensibilizzazione del management aziendale verso gli stakeholder. 

Tuttavia, durante questi stessi anni, sono emerse posizioni contrastanti sull’impegno delle imprese in CSR, generate, forse, dalla minore pressione esercitata dalle istituzioni sulle imprese verso i temi della responsabilità sociale, ma anche da un nuovo orientamento verso forme di mercato caratterizzate da maggior capitalismo. In questo contesto, la mancanza di una valutazione dei costi-benefici legati all’ implementazione della CSR, pone in posizione antitetica la CSR e il profitto dell’impresa.

Negli anni ’90 il tema della CSR viene universalmente riconosciuto e sancito nella sua rilevanza manageriale. In particolare, nel 1992 viene istituito il World Business Council for Sustainable Development (WBCSD) che coinvolge gli amministratori delegati di società primarie su base mondiale. Secondo la WBCSD, per CSR si intende l’impegno dell’azienda a contribuire allo sviluppo economico sostenibile, lavorando con i dipendenti e le comunità locali.

Anche l’Unione Europea si è proposta con una propria definizione di CSR all’ interno del Libro Verde della Commissione Europea (2001).

La responsabilità sociale è definita come: “L’integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali e ambientali delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei rapporti con le parti interessate”.

Per questo motivo, l’UE si impegna a promuovere una regolamentazione comunitaria della CSR tra gli stati membri.

Il campo di applicazione della CSR viene individuato nelle due dimensioni aziendali, interna ed esterna.

La prima, comprende la gestione delle risorse umane, la salute e la sicurezza sul lavoro, l’organizzazione aziendale, la gestione delle risorse naturali e degli effetti sull’ambiente; la seconda, invece, riguarda le comunità locali, i partner economici, i fornitori, i clienti, i consumatori, il rispetto dei diritti umani lungo tutta la filiera produttiva e le preoccupazioni ambientali a livello mondiale.

Nel corso del tempo, il concetto di CSR ha subito trasformazioni ed evoluzioni fino a giungere ai giorni nostri e, oggi più che mai, l’impresa, per essere competitiva sul mercato, deve focalizzare l’attenzione allo sviluppo del benessere collettivo e non solo al guadagno aziendale.

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