La responsabilità del Ministero della Salute. Trasfusioni di sangue infetto

Responsabilità sanitaria

Il principio sancito dalla Cassazione

Non è di certo a prima volta che gli Ermellini si pronunciano sul tema di infezioni contratte da pazienti a seguito di emotrasfusioni eseguite presso le strutture sanitarie, è comunque opportuno che la grave questione in oggetto non venga dimenticata e, a ben vedere, nemmeno sottovalutata.

Con ordinanza n.21695 del 2022 la Corte di Cassazione ha confermato che, in caso di patologie conseguenti ad infezioni con virus HBV, HIV e HCV contratti in seguito ad emotrasfusioni o di emoderivati con sangue infetto, il Ministero della Salute dovrà considerarsi quale soggetto responsabile dei danni subiti dai pazienti che siano stati determinati dall’omessa vigilanza e omesso controllo in relazione all’effettiva e concreta attuazione, da parte delle strutture sanitarie, delle disposizioni previste al fine di impedire e prevenire la trasmissione di malattie mediante sangue infetto.

La fattispecie

Il caso di specie trova origine in un paziente che conveniva in giudizio il Ministero della Salute domandando il risarcimento del danno dal medesimo subito a seguito di emotrasfusione di sangue infetto.

Il Tribunale di primo grado, accertati i presupposti di fatto e di diritto, condannava il Ministero a corrispondere al danneggiato l’ingente somma di €.376.736,00 oltre interessi.

Il Ministero impugnava la sentenza del giudice di prime cure ma la pronuncia veniva confermata dai Giudici della Corte d’Appello competente.

La questione, allora, veniva proposta dinanzi alla Corte di Cassazione che dichiarava il ricorso presentato dal Ministero inammissibile.

Gli Ermellini sancivano a chiare lettere la sussistenza della responsabilità del Ministero della Salute per tutti i danni – derivanti da emotrasfusioni con sangue infetto – subiti dai pazienti che siano stati determinati dall’omessa vigilanza e omesso controllo in relazione all’effettiva e concreta attuazione, da parte delle strutture sanitarie, delle disposizioni previste al fine di impedire e prevenire la trasmissione di malattie mediante sangue infetto.

 Non solo, si legge che in caso di patologie conseguenti, nello specifico, ad infezioni da virus HBV, HIV e HCV contratti a causa di assunzione di emotrasfusioni o di emoderivati con sangue infetto, la responsabilità del Ministero della Salute dovrà ritenersi sussistente anche in relazione a trasfusioni eseguite in epoca anteriore rispetto alla conoscenza di detti virus e dell’introduzione dei test identificativi degli stessi che, rispettivamente, risalgono al 1978, 1985 e 1988.

Ciò in considerazione del fatto che, già dalla fine degli anni ’60, era fatto notorio il rischio della trasmissione di epatite virale e, non solo, in considerazione del fatto che nel medesimo periodo storico era comunque possibile un rilevamento indiretto del virus grazie ad indicatori della funzionalità epatica.

Ne consegue che era onere del Ministero della Salute, in assolvimento agli obblighi di controllo e vigilanza gravanti sull’istituto da una serie di previsioni normative dell’epoca, provvedere al controllo e alla verifica di assenza di virus del sangue utilizzato per le trasfusioni e gli emoderivati nonché all’accertamento che il sangue dei donatori non presentasse alterazioni delle transaminasi.

La Corte, da ultimo, ha specificato che il nesso eziologico (ossia quel famoso rapporto causa-effetto) tra la somministrazione di sangue infetto e l’insorgere della specifica patologia deve considerarsi sussistente a prescindere dall’individuazione dell’infezione quale malattia tipica.

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