La possibile apertura della procedura di liquidazione del patrimonio

Crisi da sovraindebitamento e atti in frode ai creditori

Per accedere ai benefici della legge sul sovraindebitamento occorre possedere sia i requisiti soggettivi ed oggettivi sia superare positivamente un giudizio di “meritevolezza” e, a seconda dei casi, un giudizio definibile di “diligenza” ed uno di “convenienza economica”. Per “meritevolezza” s’intende l’assenza di “atti in frode”. In altre parole, il sovraindebitato non deve aver posto in essere atti (anche omissivi) che hanno cagionato un danno ai creditori (assenza di dolo).

Per “diligenza” s’intende, genericamente, la mancanza della “colpa” nella causa del sovraindebitamento nonché la corretta valutazione, al momento dell’assunzione del debito, delle proprie capacità di fare successivamente fronte al rimborso.

Per “convenienza economica” s’intende l’utilità per i creditori rispetto ad alternative concretamente praticabili.

Come si vedrà, il giudizio di “meritevolezza” e quello di “diligenza” sono sempre sotto il vaglio del giudice.

Quello di “convenienza economica” é invece rimesso ai creditori ma anche, secondo i casi, all’O.C.C. e al giudice.

Chiariti i predetti concetti, occorre ora considerare l’art.14 quinquies della Legge 3/12, il quale disciplina la fase di “apertura della liquidazione”. 

Il predetto articolo dispone che il giudice, se la domanda soddisfa i requisiti di cui all’art.14 ter, verificata l’assenza degli atti in frode degli ultimi 5 anni, dichiara aperta la procedura.

 Ai sensi del disposto normativo, nel caso in cui siano presenti atti in frode ai creditori, non è possibile procedere all’apertura della liquidazione del patrimonio poiché viene meno il requisito della meritevolezza.

Il decreto ristori n.137/20, art.4 ter, primo comma lettera l) ha modificato l’art.14 decies e stabilisce: il liquidatore può esercitare azioni (es. revocatoria 2901 C.C.) volte a rendere inefficaci gli atti compiuti dal debitore (intendendosi, atti in fronde ai creditori). Col predetto disposto, il legislatore ha voluto disciplinare tutti quei molteplici casi in cui il debitore, che vuole accedere alla liquidazione del patrimonio, deve tornare a fare i conti con atti che ha compiuto nei 5 anni precedenti alla richiesta di accesso alla procedura.

Con il decreto ristori, quindi, si è formulata la possibilità di poter ottenere l’accesso in procedura da parte di quei soggetti che hanno compiuto atti in frode.

Quanto appena esposto è sostenuto altresì da un recente decreto di apertura di liquidazione del patrimonio del Tribunale di Lecco. Il Giudice, infatti, ha sostenuto che col decreto Ristori è stata concessa una facoltà al Liquidatore – cioè quella di esercitare azioni volte a rendere inefficaci gli atti compiuti dal sovraindebitato – e che tale facoltà presupponga, implicitamente, l’irrilevanza degli atti in frode compiuti dal debitore nei 5 anni precedenti alla domanda di accesso alla procedura. 

Quanto sopra esposto, riguarda unicamente la Liquidazione del Patrimonio. Infatti, l’art.7 L.3/12 è stato oggetto di modifica e tale articolo indica che l’aver compiuto atti in frode ai creditori è requisito per la non ammissibilità alla procedura di accordo o del piano del consumatore, le due procedure differenti di cui alla L.3/12.

Un’ultima considerazione necessaria è che il predetto provvedimento richiama l’attenzione dei professionisti che operano nel settore, affinché operino le giuste valutazioni e non si fermino ad un concetto asettico di meritevolezza. Le disposizioni normative vanno adattate al caso concreto, non partendo dalla disposizione in astratto, senza considerare l’applicazione della norma nel concreto, come troppo spesso accade.

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