La collocazione del minore. Mamma o papà?

Una seprazione non è mai semplice, ma quando due genitori decidono di separarsi in presenza di figli, una delle problematiche più astiose, dolorose e frequenti concerne la collocazione del figlio, ovvero la scelta di stabilire con quale dei due genitori dovrà vivere.

La legge ovviamente tutela in modo esclusivo alla necessità che il minore mantenga un “rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori” come disciplinato dall’articolo 337 comma 1 c.c., poiché il suo benessere è preminente rispetto alle pretese genitoriali. La decisione di collocamento cambia in base alla presenza di un accordo o meno fra i genitori stessi. In caso di accordo tra i genitori, il figlio potrebbe non dovere avere una collocazione in particolare, poiché avrebbe la possibilità di poter interagire e vivere coi rispettivi genitori in egual misura, i quali si dovranno organizzare per assicurare al minore uno spazio abitativo adeguato alle sue esigenze.

Nella denegata ipotesi in cui mancasse un accordo, la scelta della collocazione prevalente sarà rimessa ad un organo giudiziale.

Riprendendo quanto prima espresso, non è possibile stabilire criticamente e matematicamente la scelta della collocazione del figlio, ma la decisione deve trovare il suo fondamento sull’esclusivo interesse del figlio, ex l’articolo 337 comma 2 del c.c.

Quali sono i fattori che potranno portare il giudice a propendere per un genitore piuttosto che l’altro?

  • abitazione;
  • l’età del bambino;
  • attività lavorativa dei genitori;
  • ipotetica gestione del figlio in modo concreto.

Una precisazione fondamentale è che la collocazione del figlio non incide sulle modalità di affidamento che trova la regola della forma congiunta.

A quanti anni di età si può decidere con chi stare? 18 anni.

Dal compimento del diciottesimo di età si avrà la scelta a seconda di quella che è la sua volontà.

Il limite della maggiore età non vale solo per la collocazione ma anche per l’affidamento. Al diciottesimo anno di età egli si assumerà la responsabilità giuridica delle proprie azioni cessando l’affidamento dei genitori.

Audizione del minore e capacità di discernimento?

Il giudice dovrà assolutamente tenere in considerazione la volontà espressa dal figlio e dovrà procedere al suo ascolto, poiché dopo il dodicesimo anno di età, il minore deve essere sempre ascoltato sulle questioni che lo riguardano. Tale disciplina potrà essere derogata concretamente se il giudice ritiene che prima dei 12 anni il figlio sia ritenuto capace di discernimento.

Cos’è la capacità di discernimento? Cassazione sul punto.

La capacità di discernimento è una categoria psico-giuridica che indica la possibilità per il soggetto di elaborare idee e concetti in modo autonomo attraverso il colloquio tecnico-valutativo posto in essere da un consulente esperto in materia. La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 752/15, del 19/01/2015, ha chiarito che non si può mettere in discussione l’idoneità e l’attendibilità delle dichiarazioni di un minore esclusivamente in ragione della sua età. La decisione del tribunale deve avere come unico obiettivo l’interesse morale e materiale del minore senza dover solo assecondare i desideri manifestati dal figlio.

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