Assegno divorzile alla moglie. Come negarlo.

Assegno divorzile moglie

Il principio

La Corte di Cassazione si è recentemente pronunciata su un tema di particolare delicatezza in tema di famiglia: l’assegno di divorzio.

I Giudici hanno stabilito che non può essere negato alla ex moglie l’assegno divorzile se l’ex marito non fornisce prova che la stessa (moglie) abbia una effettiva e concreta possibilità di lavorare mettendo a frutto le sue esperienze in modo confacente alle sue attitudini.

È con l’ordinanza n.22758/2022 che la Cassazione sancisce non solo il principio sopra menzionato (ossia che se il marito non vuole riconoscere l’assegno divorzile all’ex moglie deve dimostrare, in maniera concreta, che la stessa abbia la possibilità di lavorare, mettendo a frutto le sue esperienze e attitudini), ma anche che la questione relativa alla negazione dell’assegno divorzile – per essere presa in considerazione in sede di Cassazione – deve essere stata posta anche nel giudizio di merito e il Giudice, nella sentenza di merito, deve essersi pronunciato sul tema. Diversamente è preclusa la possibilità di proporre la tematica, per la prima volta, in Cassazione. 

La vicenda 

La vicenda processuale ha origine nel divorzio di una coppia instaurato dinanzi al Tribunale competente che, con sentenza non definitiva, nega l’assegno divorzile alla ex moglie.

Quest’ultima ricorreva poi in appello dove i Giudici si pronunciavano diversamente e riconoscevano alla donna un assegno mensile di €.200,00.

Il marito, evidentemente contrario a quanto sancito dal giudice d’appello, ricorreva in Cassazione e precisava il motivo di doglianza: l’assegno divorzile sarebbe stato riconosciuto alla ex moglie senza che venisse in alcun modo messa in dubbio l’effettiva occupazione del marito (che, secondo la difesa dello stesso, al momento dell’impugnazione non aveva alcuna occupazione) e nemmeno preso in considerazione il fatto che la stessa aveva omesso di fornire prova della volontà di agire attivamente per trovarsi un’occupazione, per raggiungere uno status di indipendenza economica sfruttando le proprie attitudini e le esperienze lavorative maturate in precedenza.

La decisione della Corte di Cassazione

La Cassazione, analizzato il motivo di doglianza formulato dal ricorrente, rigettava il ricorso ritenendolo inammissibile in quanto la Corte di Appello aveva escluso che il marito fosse stato licenziato. Non solo, secondo gli Ermellini il ricorrente avrebbe avanzato, solo in sede di legittimità, delle questioni che non venivano invece evidenziate nel giudizio di merito. Infatti non vi era, negli atti precedenti, alcuna indicazione relativa ad un omesso comportamento attivo della ex moglie nella ricerca di un’occupazione lavorativa stabile.

Ad ogni buon conto la Cassazione riteneva la questione, comunque, non decisiva; infatti, stabiliva che “… l’ipotetica ed astratta possibilità lavorativa o di impiego, da parte del coniuge beneficiario, non incide sulla determinazione dell’assegno di divorzio, salvo che il coniuge onerato non fornisca la prova che il beneficiario abbia l’effettiva e concreta possibilità di esercitare un’attività lavorativa confacente alle proprie attitudini (Cass. 23 ottobre 2015, n. 21670): prova che nella specie non si assume sia stata fornita. ”

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