INCIDENTE STRADALE – Il risarcimento in caso di mancato utilizzo delle cinture di sicurezza

cinture di sicurezza

Introduzione

In materia di responsabilità extracontrattuale, si può sostenere – a livello generale – che un evento è da considerare causato da un altro se il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo (c.d. teoria della condicio sine qua non).

Sulla base di quanto previsto dall’art.41 c.p., se il verificarsi di un evento dannoso è riferibile a diverse azioni od omissioni, deve riconoscersi ad ognuna di esse efficienza causale. Il comma 2 della predetta norma ci ricorda che l’evento dannoso deve essere attribuito esclusivamente all’autore della condotta sopravvenuta, solo se questa condotta risulti tale da rendere irrilevanti le altre cause preesistenti, ponendosi al di fuori delle normali linee di sviluppo della serie causale già in essere.

Va però specificato che, per determinare una causalità che sia giuridicamente rilevante, si dovrà dare rilievo a quelle che nel momento in cui si produce l’evento causante non appaiano del tutto inverosimili, ma che si presentino come effetto non del tutto imprevedibile, secondo il principio della c.d. causalità adeguata o quello similare della c.d. regolarità causale.

Questo principio generale andrà applicato anche ai casi di guida con omesso utilizzo delle cinture di sicurezza.

Una recente pronuncia del Tribunale di Lecce

Il Tribunale di Lecce, con sentenza del 29 giugno 2022, evidenzia che, in tema di concorso del fatto colposo del danneggiato (nel caso di specie consistente nell’omesso utilizzo delle cinture di sicurezza) nella produzione dell’evento dannoso, la prova che il danneggiato avrebbe potuto evitare dei danni dei quali chiede il risarcimento usando l’ordinaria diligenza, deve esser fornita dal soggetto danneggiante che chiede e sostiene di non risarcire, in tutto o in parte, il danneggiato.

Sono diversi i casi in cui la giurisprudenza ha applicato detto principio; si richiama – ad esempio – la sentenza app. Reggio Calabria n.667/2020: “l’omesso uso delle cinture di sicurezza – a seconda dell’efficienza causale che ha avuto nella produzione delle lesioni – esclude in toto ovvero riduce il diritto al risarcimento in misura corrispondente all’apporto da esso fornito al verificarsi dell’evento dannoso, a condizione che, chi invoca l’omesso uso delle cinture, dia concreta prova di tale circostanza e del fatto che l’uso corretto delle cinture, se adottato, avrebbe, con elevata credibilità, razionalmente evitato o ridotto il danno“.

Ancora, soffermandosi sulla giurisprudenza di legittimità, la Cassazione, con ordinanza n.11095/2020, osservava che, nel caso in cui la “messa in circolazione dell’autoveicolo” in condizioni di insicurezza (come nel caso in cui il soggetto trasportato non abbia allacciato la cintura di sicurezza), sia ricollegabile non solo all’azione (o omissione) del soggetto trasportato, ma anche a quella del conducente (che avrebbe dovuto controllare la messa in sicurezza del veicolo), allora può dirsi che tra i due soggetti si è formato il consenso alla circolazione nelle condizioni appena descritte e che, pertanto, entrambi sono consapevoli della partecipazione di uno alla condotta dell’altro. In altre parole, si verifica una cooperazione nel fatto colposo.

In una situazione simile, deve ritenersi risarcibile, a carico del conducente anche il pregiudizio all’integrità fisica che il trasportato abbia subito in seguito ad un incidente. Ciò in considerazione del fatto che il comportamento del medesimo non può valere ad interrompere il nesso causale fra la condotta del conducente ed il danno, e nemmeno ad integrare un valido consenso alla lesione ricevuta (proprio perché si tratta di diritti indisponibili in relazione ai quali non vi può essere alcun consenso).

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