L’imprenditore e la funzione di imprenditorialità

piano industriale

Coloro che detengono il governo aziendale, nello svolgere la loro funzione, sono portatori di un insieme di valori, idee, attese, che influenzano il loro operare nell’impresa e quindi indirettamente la stessa azienda. Si può affermare quindi che l’identità degli individui che governano l’azienda si riflette sull’identità dell’impresa, determinando il cosiddetto orientamento strategico di fondo, ed esso si realizza principalmente attraverso l’attività dell’imprenditore.

Il comportamento imprenditoriale e il rischio di impresa 

Si può affermare che la funzione di chi governa l’impresa è volta a ricercare l’equilibrio tra l’ambiente in cui essa opera, caratterizzato da un’elevata turbolenza, e l’impresa stessa le cui strutture organizzative ed operative sono tendenzialmente rigide e resistenti al cambiamento. 

Dal contrasto tra i caratteri peculiari dell’ambiente e quelli dell’impresa nascono condizioni di rischio inteso in termini economici. Il rischio di impresa deve essere pensato come un sistema di rischi tra loro correlati ed interdipendenti che devono essere fronteggiati dall’imprenditore considerando la loro complementarità sistemica. 

Esso può trovare la sua origine in tre principali fattori: 

  • la variabilità ambientale, 
  • la rigidità delle strutture aziendali e 
  • la variabilità interna. 

Compito dell’imprenditore è quello di ridurre l’intensità del rischio d’impresa proprio sulle cose principali che lo determinano. Il comportamento imprenditoriale si sostanzia quindi in un insieme di decisioni strategiche orientate a dare all’impresa le potenzialità indispensabili per la sua sopravvivenza in situazioni turbolente, nonché un’attività contestuale di controllo volta a valutare la collocazione strategica raggiunta dall’ impresa, onde apportare le correzioni di rotta necessarie per garantire la sopravvivenza del sistema aziendale. Bada bene che il controllo strategico non può essere episodio dell’attività imprenditoriale.

Decisioni strategiche volte a fronteggiare la variabilità ambientale 

Ci si riferisce alle decisioni tese ad un controllo della variabilità ambientale, ossia quelle concernenti i rapporti: con la domanda, con la concorrenza, con gli altri attori compresi nello scenario ambientale complessivo. 

In questa categoria di azioni è possibile individuare tre linee di comportamento strategico: quelle volte a realizzare il posizionamento dell’impresa sui differenti mercati favorendo l’assorbimento della concorrenza, i comportamenti strategici volti a definire i rapporti con gli stakeholder e con le istituzioni, i comportamenti strategici indirizzati a gestire rapporti con l’ambiente naturale. 

Decisioni strategiche volte a fronteggiare la rigidità delle strutture aziendali 

Queste azioni strategiche sono poste in essere per contrastare la tendenziale rigidità delle strutture operative al fine di consentire alle imprese di reagire rapidamente al mutare delle circostanze ambientali. Le decisioni strategiche che più strettamente interessano gli aspetti operativi con riferimento al ciclo produttivo riguardano: le attività di acquisizione dei fattori produttivi, le attività di trasformazione e produzione, le attività di collocamento dei prodotti. Una elevata rigidità delle strutture espone l’azienda ad un livello di rischio maggiore per il grado di variabilità complessiva dell’ambiente in cui l’impresa opera che sfugge anche alle più attente previsioni. Un particolare vincolo all’attività imprenditoriale è rappresentato dalla rigidità che la struttura organizzativa dimostra a fronte del processo innovativo deciso dal vertice aziendale. 

Le azioni strategiche consentono di conferire maggiore flessibilità alle strutture organizzative e possono essere rivolte a: incrementare la capacità e la sensibilità delle strutture di riconoscere e di comprendere i primi sintomi del cambiamento. 

  • Attuare il decentramento decisionale che permetta al sistema organizzativo di essere più aperto all’interscambio con l’ambiente in virtù di una maggiore capacità di monitoraggio dei segnali esterni e ad un maggior livello di responsabilità delle strutture periferiche. 
  • Realizzare strutture operative “più corte” al fine di velocizzare l’azione aziendale. 
  • Diffondere una cultura aziendale forte e coesiva che richiede all’imprenditore di divulgare e far accettare a tutta l’organizzazione i valori istituzionali e quelli organizzativi. 
  • Consentire al personale in prima linea di comunicare direttamente all’esterno con fornitori, clienti, finanziatori e viceversa permettere ai clienti e fornitori di comunicare con l’interno dell’impresa senza barriere funzionali. 

La componente soggettiva della funzione imprenditoriale

Nell’affrontare l’argomento analizziamo ora le diverse tipologie di imprenditore, evidenziando come questa figura possa essere costituita da componenti soggettive diverse: proprietà, alti dirigenti, altri lavoratori. 

Imprenditore proprietario 

Nella realtà imprenditoriale odierna la figura del proprietario imprenditore come singolo individuo al governo dell’azienda si ritrova solo nelle imprese di tipo individuale o di piccole dimensioni. 

Il vecchio proprietario continua a esprimere il supremo potere volitivo solo se detiene la quota sociale più alta, il pacchetto azionario di maggioranza. Spesso, si verifica che il proprietario capitalista, pur rimanendo ad operare attivamente all’interno dell’impresa, venga coadiuvato, nello svolgimento dell’attività imprenditoriale, da una o più persone. Man mano che la complessità aziendale aumenta, sempre più l’attività imprenditoriale viene svolta da “un imprenditore collettivo”. Il potere decisionale prendendo decisioni strategiche, difende, sostiene, consolida e accresce la posizione e i risultati conseguiti dall’impresa, oppure ne realizza dei nuovi, ridefinendo la missione gli obiettivi strategici e progettando e attivando miglioramenti nelle attività di routine per facilitare i cambiamenti imposti. Spesso il vertice aziendale è coadiuvato, nell’esercizio del potere decisionale, tecnici, ingegneri, direttori delle vendite, scienziati, disegnatori e altri esperti, anche se l’imprenditore continua ad essere l’azionista di maggioranza con i top manager e non con l’intera tecnostruttura, poiché solo questi, attraverso un processo di sintesi funzionale, svolto con intuizione e capacità di previsione, definiscono le linee di sviluppo dell’azienda. La decisione è il risultato di una contrattazione formale e più spesso informale tra diversi interlocutori ognuno dei quali è portatori di interessi, capacità e poteri distinti. 

Dalle imprese di grandi dimensioni si rinviene invece una struttura decisionale pluralistica determinata dal processo di delega dell’autorità. Il vertice aziendale deve predisporre una struttura organizzativa tramite la quale i molteplici problemi che sorgono nel quotidiano operare, trovino ordine e collocazione di studio e di soluzione ai vari livelli nei quali l’impresa viene ad essere articolata. I manager posti ai vertici delle unità strategiche d’affari assumono un ruolo imprenditoriale autonomo poiché di fatto hanno la gestione di uno specifico mercato in tutti i suoi aspetti. 

L’imprenditore e il ruolo del top management 

Alcune volte può avvenire che il proprietario capitalista non partecipi direttamente all’attività aziendale delegando completamente a terzi il potere decisionale. Si verifica così la scissione tra proprietà e governo d’impresa. Si configurerà che, la proprietà si distaccherà dalla conduzione aziendale senza necessariamente però perdere il totale controllo su di essa. 

La cogestione 

Viene intesa come la partecipazione dei lavoratori ai processi decisionali strategici d’azienda, una sorta di “democrazia industriale” che prevede il riconoscimento del diritto di decisione da parte delle maestranze.  Con la cogestione rientrano nel vertice aziendale non solo i portatori del capitale e i componenti della direzione, ma anche i rappresentanti dei lavoratori. Questa tendenza è tesa al superamento dei conflitti tra imprenditori e lavoratori, attraverso un maggiore coinvolgimento dei dipendenti nello sviluppo dell’impresa. Inoltre, è stato dimostrato che una partecipazione al processo decisionale da parte dei lavoratori, tende a favorire lo sviluppo di una maggiore motivazione e di un più solido spirito collaborativo.

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