Separazione e divorzio. Gli accordi tra i genitori sui figli

Premessa

Con sentenza n.663/2022 la Suprema Corte di Cassazione evidenziava l’obbligatorietà della ratifica operata dal Giudice in merito all’accordo relativo al mantenimento dei figli di una coppia di conviventi.

L’assegno di mantenimento

Va precisato che, per quanto riguarda l’assegno di mantenimento dei figli posto a carico dei genitori, il suo ammontare è sempre modificabile da parte del Giudice che potrà maggiorarlo o diminuirlo.

Il Giudice, nella sua qualità di soggetto terzo ed imparziale posto a tutela del minore che è soggetto debole, può sempre modificare l’accordo di separazione o di divorzio consensuale siglato tra gli ex coniugi.

Ne è la prova il fatto che il Tribunale che sancisca la condanna di uno dei genitori a corrispondere un contributo al mantenimento del figlio, non sia in alcun modo vincolato alla domanda formulata dalle parti: questo anche sulla base del principio sancito dall’art.277, co.2, c.c. secondo cui spetterà al giudice il potere di prendere d’ufficio i provvedimenti che siano opportuni per il mantenimento del figlio naturale.

Nello stesso senso si era già espressa la Cassazione che, con sentenza n.65/1985, sanciva il potere del Giudice – nella sua qualità di figura posta a tutela dell’interesse dei figli, che sia esso morale o materiale – di determinare l’entità del contributo al mantenimento del figlio stesso anche diversamente rispetto a quanto concordato dalle parti.

Si ricordi che è comunque dovere dei genitori quello di mantenere i figli sino al momento in cui questi possano definirsi economicamente autosufficienti e, pertanto, fino a quando non percepiscano un reddito tale da renderli astrattamente autonomi (questo a meno che l’impossibilità a rendersi autosufficienti sia determinata dalla volontà stessa del figlio e, quindi, dalla sua inattività nella ricerca di un lavoro).

Il principio di diritto della sentenza 663/2022

La vicenda ha origine dalla domanda formulata dalla madre al Tribunale di Cosenza al fine di ottenere, da parte del padre, un assegno di contributo al mantenimento del figlio nato da una convivenza more uxorio, nonostante l’esistenza di un accordo sulla base del quale il padre sarebbe stato esonerato dall’obbligo di mantenimento perché avrebbe provveduto al trasferimento, in favore del figlio, della proprietà di un immobile.

Il Giudice di prime cure dichiarava la domanda inammissibile; la Corte d’Appello – riformando la sentenza di primo grado – stabiliva l’obbligo del padre di corrispondere, a titolo di contributo al mantenimento del figlio, un assegno di €.250,00 mensili. Tale decisione muoveva dalla considerazione per cui l’accordo tra le parti sarebbe da qualificarsi come inefficace perché non era stato oggetto di una verifica da parte del Giudice al fine di valutarne la rispondenza alle esigenze e all’interesse del figlio.

Quanto sopra sulla base del fatto che l’accordo negoziale tra i genitori relativo al mantenimento dei figli riguarderebbe interessi che scavalcano, e quindi si pongono al di fuori, la/della disponibilità delle parti.

La vicenda veniva proposta dinanzi alla Corte di Cassazione che, pur precisando la validità dell’accordo (“valido come espressione dell’autonomia privata e pienamente lecito nella materia, non essendovi necessità di un’omologazione o controllo giudiziale preventivo”), evidenziava che non v’era preclusione alcuna per il giudice adito in merito alla sua libera valutazione circa la rispondenza dell’accordo ai generali obblighi di mantenimento gravanti sui genitori.

La Corte concludeva stabilendo che il trasferimento della proprietà dell’immobile in favore del figlio, non avrebbe esonerato il genitore dall’obbligo di mantenimento e, quindi, dal versamento del relativo assegno.

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