Con tale espressione si intende un ragionamento logico-giuridico che, nell’ambito del processo civile per responsabilità medica, il giudice deve attuare.
Lo studio del doppio ciclo causale trova la sua ratio nella disposizione di cui all’art.41 c.p., espressione del noto principio dell’equivalenza delle cause, secondo il quale in presenza di una pluralità di cause, tutte idonee a produrre l’evento, essere devono considerarsi di pari valenza, ma se una di esse è da sola idonea a determinare l’evento allora tale principio non opera. “Il concorso di cause preesistenti o simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall’azione od omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalità fra l’azione od omissione e l’evento.
Le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalità quando sono state da sole sufficienti a determinare l’evento. In tal caso, se l’azione od omissione precedentemente commessa costituisce per sé un reato, si applica la pena per questo stabilita.
Le disposizioni precedenti si applicano anche quando la causa preesistente o simultanea o sopravvenuta consiste nel fatto illecito altrui”.
Il primo ciclo: il giudice dovrà valutare, sulla base delle prove prodotte in giudizio, il rapporto di causalità materiale tra la condotta e il danno-evento. Si tratta quindi di un elemento costitutivo della fattispecie che, sia che si tratti di responsabilità contrattuale (struttura) o extracontrattuale (sanitario) dovrà essere provata dal danneggiato.
Il secondo ciclo: il giudice dovrà valutare l’eventuale elemento incidentale che determina l’interruzione del rapporto di causalità.
Omessa dimostrazione dei nessi causali
In caso di mancata dimostrazione, da parte dell’attore, del primo nesso causale, verrebbe a mancare la prova effettiva del fatto illecito o dell’inadempimento e, pertanto, il giudice non dovrebbe nemmeno valutare il secondo ciclo.
In caso di mancata dimostrazione, da parte del convenuto, del secondo ciclo causale allora (se l’attore ha provato il primo nesso) l’inadempimento/danno-evento dovrebbe considerarsi pienamente dimostrato.
Quando interviene il secondo ciclo causale
Con l’Ordinanza n.25288 dell’11/11/2020 la Cassazione Civile ha potuto far proprie alcune casistiche relative al momento di intervento del secondo ciclo causale.
- Successivo al primo ciclo causale esaurito: se l’evento sopravvenuto si manifesta a rapporto causale concluso, quindi a danno-evento già realizzato, non si potrebbe in alcun modo attribuirne un intervento determinante nel processo eziologico (art.41 c.p. comma 1);
- Antecedente al primo ciclo e alla condotta del sanitario: se tale fattore si manifesta prima della condotta del sanitario non potrà considerarsi come condizione incidentale o sopravvenuta e, pertanto, dovrebbe considerarsi elemento prevedibile ed evitabile;
- Contemporaneo al primo ciclo causale: se il fattore sopravvenuto si manifesta durante la condotta, allora bisognerà valutare se tale fattore presenta o meno i requisiti di cui all’art.41 comma 2 c.p. Infatti, se la causa, da sola, non è sufficiente a determinate l’evento dannoso, allora non potrà considerarsi come esclusione del nesso causale. Potrà però valutarsi ai fini della valutazione della pena o dell’ammontare del risarcimento. Se, invece, la causa sopravvenuta (che dovrà qualificarsi come imprevedibile ed inevitabile) è da sola sufficiente a determinare l’evento dannoso, allora si verificherà l’estinzione del diritto al risarcimento.
Avv. Giulia Invernizzi