Pro-sumer, consumer-attore, consum-autore sono solo tre dei molti neologismi che sottolineano la capacità “produttiva” e “creativa” dei consumatori contemporanei che, lungi dall’essere solo product-taker, appaiono essere sempre più capaci di entrare nelle logiche del discorso produttivo, mettendo in campo risorse creative e competenze, spesso di alto livello, che consento , mediante la valorizzazione dell’esperienza maturata nel contesto d’uso, fornire utili input per il processo di sviluppo e rinnovamento dei prodotti e delle identità di marca.
La Co-Creazione è intesa quindi come il “processo attivo, creativo e sociale, basato sulla collaborazione tra produttori e clienti, che può essere iniziato dall’impresa (ma non lo è necessariamente) e che dovrebbe, idealmente, condurre alla generazione di valore per entrambe le parti”.
Conoscenza ed economia dell’immateriale
“Società dell’Informazione”, “Knowledge Era” o “Economia della conoscenza” sono espressioni utilizzate a partire dalla fine degli anni Ottanta proprio per indicare quello stadio di evoluzione dell’economia dove la capacità dell’impresa di generare valore e, dunque, di costruirsi una posizione di vantaggio competitivo, è sempre più legata alla capacità di creare, gestire, valorizzare – e dinamicamente rigenerare – risorse di tipi knowledge based, più che alla semplice attività di trasformazione chimico-fisica delle merci.
In una prospettiva Knowledge-based, non solo la capacità competitiva, ma l’esistenza stessa dell’impresa sono giustificate dalla sua particolare capacità di generare e condividere conoscenza, che le conferisce un vantaggio differenziale rispetto ad altre forme istituzionali di coordinamento degli scambi, come i mercati. Non ci sta nulla di nuovo sotto il sole, cambia solo il “ruolo” della conoscenza: da fattore di ottimizzazione del prodotto a fattore determinante nella costruzione di una relazione tra consumatore e impresa.
Con l’economia della conoscenza, che è un’economia relazionale basata sulla struttura e sulla qualità delle relazioni di un’impresa, vige il superamento del più grande limite dell’economia post-fordista: il confinamento della conoscenza all’interno dell’area locale di operatività dell’impresa e la necessaria ed eccessiva focalizzazione sulla materialità dei beni prodotti.
Conoscenza ed innovazione
La conoscenza si manifesta come la più importante delle risorse produttive, perché è dalla sua continua produzione, (ri)combinazione e integrazione nelle core competence aziendali che deriva l’INNOVAZIONE, autentico imperativo strategico, non più semplice opzione.
Di fronte all’accorciamento dei cicli di vita delle tecnologie e dei prodotti, che rende sempre più evanescente ogni posizione di vantaggio competitivo acquisito, nessuna impresa, singolarmente considerata, possiede le competenze necessarie per sostenere in autonomia l’imperativo strategico dell’innovazione. Per lungo tempo, le ricerche di marketing – volte all’ideazione e allo sviluppo di nuovi prodotti – si sono limitate a “importare la voce” del cliente all’interno dell’impresa, con tecniche diverse (sondaggi, interviste qualitative, focus group), invece il consumatore (l’utente) deve essere necessariamente sempre parte attiva ed integrante del processo di erogazione dell’obiettivo. Passa da obiettivo target a Partner dell’impresa che può e deve lavorare per co-creare valore.