La responsabilità contrattuale

Responsabilità contrattuale

Come già evidenziato negli ultimi articoli, l’art. 1218 c.c. dispone testualmente che “il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno se non prova che l’inadempimento o il suo ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile“.

La responsabilità contrattuale consiste, quindi, nella violazione di uno specifico dovere, proveniente da un preesistente vincolo obbligatorio (ad esempio derivante da un contratto) rimasto inadempiuto.

La risoluzione del contratto

Potrà aversi risoluzione contrattuale quando il vincolo contrattuale si scoglie a favore della parte che si è mostrata adempiente in 3 differenti ipotesi:

  • Inadempimento dell’altra parte;
  • Impossibilità sopravvenuta della prestazione;
  • Eccessiva onerosità della prestazione.

Appare quindi opportuno analizzare le tre differenti tipologie di risoluzione del contratto previste dal Codice Civile.

La risoluzione per inadempimento

La prima ipotesi di risoluzione del contratto a prestazioni corrispettive è la risoluzione per inadempimento prevista dall’art.1453 c.c. “Nei contratti con prestazioni corrispettive, quando uno dei contraenti non adempie le sue obbligazioni, l’altro può a sua scelta chiedere l’adempimento o la risoluzione del contratto, salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno.

La risoluzione può essere domandata anche quando il giudizio è stato promosso per ottenere l’adempimento; ma non può più chiedersi l’adempimento quando è stata domandata la risoluzione.

Dalla data della domanda di risoluzione l’inadempiente non può più adempiere la propria obbligazione”.

La base dei contratti a prestazioni corrispettive è che una prestazione trova la sua ragion d’essere nell’altra: è proprio tale circostanza che giustifica la richiesta di risoluzione quando una delle due parti non può ricevere la controprestazione spettante perché l’altra si mostra inadempiente.

È legittimato attivo ad agire in risoluzione il soggetto – che aveva già adempiuto o che è pronto ad adempiere – a danno del quale si verificava l’inadempimento.

I presupposti per ottenere dal Giudice una pronuncia di risoluzione del contratto, quindi, sono:

  • L’effettiva conclusione del contratto a prestazioni corrispettive tra le parti;
  • L’inadempimento caratterizzato dai caratteri di imputabilità e gravità. Sul punto si ricorda quanto esplicato in precedenza: l’inadempimento/il ritardo nell’adempimento devono essere imputabili al debitore e non deve essere di scarsa importanza;
  • L’avvenuto adempimento da parte dell’attore (o, in alternativa, che il medesimo sia pronto ad adempiere).

Una volta accertata la sussistenza dei requisiti per la risoluzione, il Giudice emetterà sentenza costitutiva di risoluzione del contratto: la risoluzione ha effetti reali; ciò implica il sorgere di un obbligo restitutorio delle prestazioni ottenute (anche dei frutti) in capo al debitore e al creditore.

Impossibilità sopravvenuta

L’art. 1463 c.c. prevede che “Nei contratti con prestazioni corrispettive, la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta non può chiedere la controprestazione, e deve restituire quella che abbia già ricevuta, secondo le norme relative alla ripetizione dell’indebito”.

L’impossibilità della prestazione può essere:

  • Totale: comporta la risoluzione del contratto. Sul punto va precisato che, quando si tratta di contratti ad effetti obbligatori la parte “non liberata” potrà ottenere la restituzione della prestazione eseguita o, nel caso in cui non abbia ancora eseguito la sua prestazione, è liberata da tale obbligo. Quando invece si tratta di contratti ad effetti reali, sulla base di quanto previsto dall’art.1465 c.c., il perimento della cosa per una causa non imputabile all’alienante non libera l’acquirente dall’obbligo di eseguire la controprestazione, ancorché la cosa non gli sia stata consegnata.
  • Parziale: comporta il diritto a prevedere una riduzione della controprestazione o, in alternativa, il diritto a recedere dal contratto concluso.

Eccessiva onerosità

L’art. 1467 c.c. prevede che “Nei contratti a esecuzione continuata o periodica, ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto, con gli effetti stabiliti dall’articolo 1458.

La risoluzione non può essere domandata se la sopravvenuta onerosità rientra nell’alea normale del contratto.

La parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto”.

L’onerosità è eccessiva quando presenta caratteri tali da determinare un serio squilibrio tra le prestazioni e quando non rientra nell’accettabile e prevedibile rischio (alea) del contratto.

L’evento causativo dell’eccessiva onerosità deve altresì qualificarsi – tramite una valutazione oggettiva da basarsi sulla natura del contratto specifico e in relazione “all’uomo medio” – come imprevedibile e straordinario.

Come previsto dalla norma in esame, potrà incorrere nella risoluzione del contratto la parte, contro cui tale risoluzione è domandata, che – però – non possa/voglia offrire una modifica delle condizioni del contratto, per ridurle ad equità.

Avv. Giulia Invernizzi

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