La crisi aziendale 

crisi aziendale

La vita dell’impresa è direttamente connessa ed influenzata non solo dalle azioni imputabili all’Imprenditore, ma anche dall’insieme dei fattori esterni. Le variabili esogene, il cui grado di prevedibilità può essere più o meno elevato, si contraddistinguono per il fatto che sono in grado di condizionare significativamente l’azienda andando ad “intaccarla” maniera più o meno incisiva, determinandone, a volte, anche crisi della stessa. 

In dottrina il dibattito, relativo al concetto della crisi d’impresa, si fonda e si snoda su due orientamenti differenti. 

Il primo considera la crisi quale fenomeno che figura insito nella stessa nozione di impresa tale per cui questa – nel momento della sua stessa costituzione – diventa organismo “destinato” ad attraversare anche la crisi. 

Di controverso, il secondo orientamento fonda la propria tesi e concetto di “crisi” sull’idea e sulla condizione della perdita di redditività e sulla conseguente impossibilità, da parte dell’impresa, di riuscire | poter onorare i propri debiti. in tale accezione la perdita comporta la perdita della fiducia da parte dei clienti. Questa dinamica genera, necessariamente, un processo di perdita di commesse che decreta una condizione di minore liquidità. Si delinea, quindi una sorta di “circolo vizioso” secondo cui la perdita di fiducia si crea anche a livello dei fornitori, i quali tenderanno – almeno in un primo momento – a desiderare pagamenti più repentini oppure in anticipo o alla consegna della merce. Tali condizioni delineano una situazione in cui non saranno più propensi a rifornire l’impresa in crisi. Potrebbe, quindi, svilupparsi una condizione in cui l’impresa si trova incapace ad adempiere in toto o in parte alle proprie obbligazioni. La dinamica ricade, a sua volta, sulla capacità dell’organizzazione di ottemperare il requisito di liquidità e di credito necessario per adempiere autonomamente alle obbligazioni contratte. 

Date queste premesse, si evidenzia come la crisi d’impresa coinvolge stakeholder differenti nonché interessi eterogenei coinvolgendo il suo sistema economico. Emerge, quindi, che sono identificabili come soggetti coinvolti, non solo i clienti e i fornitori, ma il mercato in senso lato che subisce influenze tale da sviluppare un coinvolgimento a catena che abbraccia più soggetti economici. Questo determina conseguenze su tutto il settore economico. 

La crisi d’impresa costituisce un tema ampiamente approfondito a livello accademico, contestualmente alla maturità del capitalismo, e si contraddistingue per il coinvolgimento di queste principali discipline: la teoria economica, le scienze aziendalistiche, la sociologia, la statistica e il diritto. 

Lo sviluppo di crisi cicliche, delineatesi dal 1929, ha portato ad accrescere l’approfondimento di questo topic. In particolare, a partire dai primi anni 40’ la letteratura sul tema si è sviluppata secondo diversi ambiti: che vendono la crisi intercalata in contesti ambiti ed aree. Nello specifico

  • La crisi del sistema produttivo nel suo complesso, inteso come insieme delle sue varie componenti (settore primario, secondario e terziario); 
  • La crisi per settori di imprese, ossia la branca degli studi che hanno toccato l’analisi di diversi fattori tra cui quello geografico

Si rende noto che gli studi più esaustivi del fenomeno analizzano diversi aspetti, quali:

  • la crisi macroeconomica: lo stato patologico dell’economia che può andare da una diminuzione del reddito di una economia e dall’assenza di crescita (recessione/stagnazione) a un andamento indesiderato dei prezzi (inflazione/deflazione); 
  •  la crisi sociale: ovvero la condizione di accesa conflittualità tra le classi che compongono la società; 
  •  la crisi economica globale: che riguarda l’analisi dei cicli di crisi economico – finanziaria che periodicamente interessano l’economia a livello globale; come analisi dei cicli delle crisi finanziarie a livello mondiale;
  •  la crisi ambientale: l’analisi della sostenibilità del modello economico a livello ambientale. 

La crisi aziendale: le cause

Le crisi aziendali nascono, quindi, molto spesso dall’incapacità del management di dominare, comprendere e risolvere problemi complessi indotti dai fenomeni di turbolenza ambientale. 

Oltre alle strategie e alle azioni direttamente adottate dal management, che sono legate all’analisi di mercato, non si deve trascurare l’assetto organizzativo dell’azienda, intesa come sistema di distribuzione delle mansioni e delle attività di controllo. Molto spesso, soprattutto in un contesto dinamico come quell’attuale, diventa necessario porre in discussione le strategie precedentemente adottate dall’impresa e valutare la possibilità di sostituire alcune figure di rilievo nell’organigramma aziendale. Il management rappresenta un “ambito” interessato [sia direttamente che indirettamente] dagli interventi previsti da un eventuale piano di risanamento. 

Contestualmente alle azioni di ristrutturazione finalizzare al risanamento diventa imprescindibile operare per attuare un processo di ri-orientamento dell’azienda volto alla ricerca di un equilibrio dinamico con il suo ambiente. Questo significa che l’organizzazione deve essere in grado di intraprendere azioni di revisione di sé stessa e del proprio management in base alle condizioni esterne. Tali elementi implicano anche azioni di ricapitalizzazioni per ridurre l’impatto delle perdite generate dalla situazione di crisi. 

In questo ambito è importante ricordare che un elemento fondamentale da mantenere e [soprattutto] da ristabilire è un clima di fiducia interno ed esterno. Questa deve essere legata [in primis] all’immagine del management, oltre che agli aspetti di natura tecnica, immutabili alle competenze economiche ed aziendalistiche necessarie alla predisposizione e nell’attuazione del piano di risanamento, che richiedono quindi l’intervento di esperti. 

Secondo quanto affermato da Guatri, la crisi normalmente si evolve secondo un percorso a stadi successivi. A titolo esemplificativo si identificano quattro stadi.

Il primo, detto anche di incubazione, si distingue per il fatto che presenta i primi segnali di squilibri e gli inziali decadimenti. Questi “segnali” non sono semplici da percepire, sia a causa della naturale tendenza dei manager a negare l’emerge di criticità sia per il fatto che – molte volte – un’analisi complessiva dell’azienda non permette di recepire in modo chiaro le debolezze che stanno emergendo. Qualora, però, l’azienda fosse capace – in questa fase – di autodiagnosticare una situazione critica ancora non del tutto emersa, potrebbe persino trarre benefici da questa fase di incubazione, impiegando il feedback negativo per prevenire un eventuale segnale di fragilità.

Il successivo stadio, ovvero il secondo, è definito della maturazione in quanto è il momento in cui si palesano le perdite di valore nei flussi di reddito e nel valore del capitale. Se l’azienda non dovesse mettere in luce le criticità latenti e non intraprendere scelte tempestive, anche dolorose, si potrebbe arrivare rapidamente al successivo stadio di crisi.

Il terzo step di crisi è denominato stadio delle ripercussioni in quanto è in questo fase che all’interno dell’azienda iniziano a manifestarsi – in modo sempre più intenso – perdite sia dal punto di vista finanziario che dell’immagine dell’azienda sul mercato. In questo contesto si delinea una crescete perdita economica poiché vengono cannibalizzate progressivamente riserve e capitale dal momento che divengono necessarie per coprire perdite pregresse e per l’azienda si delinea un percorso sempre più difficile far ricorso al credito.

Lo stadio seguente è quello che colpisce inevitabilmente tutti gli stakeholder anche se secondo una logica differente. Vengono coinvolti sulla base del criterio di necessità ovvero in relazione alla gravità, insolvenza e al dissesto.

Si rende noto che le crisi iniziano e si sviluppano per numerosi e differenti tipologie di squilibri. In questo senso si possono essere identificarti quattro tipi fondamentali di crisi. Tra queste si evidenziano:

  • Crisi da inefficienza rappresenta la condizione che di delinea nel momento in cui alcune (o tutte) le funzioni aziendali si trovano ad operare sostenendo costi non coerenti con quelli dei concorrenti. L’efficienza deve essere sempre identificata in senso relativo, ossia ponendosi in comparazione con le aziende concorrenti. 
  • Crisi da sovraccapacità/rigidità deriva dalla una riduzione della domanda dei prodotti per cui l’azienda è dotata di un eccesso di capacità produttiva. 
  • Crisi da decadimento dei prodotti si verifica qualora si riducono i margini i tra prezzi e costi fino ad arrivare ad una situazione in cui questi si pongono al di sotto del limite necessario per la copertura dei costi fissi. 
  • Crisi da squilibrio finanziario/patrimoniale è fortemente correlata con le altre tipologie di crisi e – in molti casi – si configura come lo sviluppo terminale. Riguarda le aziende in difficoltà a causa di una crisi legata alla produzione e/o alla vendita dei loro prodotti; queste si trovano dinnanzi alla contrazione dei i profitti che le porta in una situazione di incapacità di sviluppo di un adeguato flusso di cassa dall’attività ordinaria.

Per ognuna di queste macro – tipologie di crisi, che a volte [e spesso] risultano tra loro interconnesse in quanto vicendevolmente concomitanti, si possono identificare differenti strumenti di diagnosi e di successivo intervento. Ognuno di questo presenta una chiara valenza strategica. 

Si evidenzia che le crisi aziendali sono imputabili a numerose cause che possono essere endogene, esogene o che possono coniugarsi come il connubio di questo. 

La rappresentazione grafica di cui sopra di struttura come un chiaro riassunto delle differenti tipologie di crisi. Nello specifico, da questa  si evince che l’origine di una crisi può derivare sia da fattori interni che da elementi esterni al perimetro aziendale (questo non esclude che più fattori siano tra loro concorrenti).

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