Annullabilità degli atti negoziali posti in essere dal minorenne.

atti negoziali

“Con la maggiore età possibile espletare tutti quegli atti per i quali non è richiesta un’età diversa” (art.2 comma 1 c.c.).

Alla luce di quanto sopra esposto, il minore ultrasedicenne, si ricordi, può stipulare un proprio contratto di lavoro ed è “abilitato all’esercizio dei diritti e delle azioni che ne dipendono” (art.2 comma 2 c.c.), può altresì ammesso giudizialmente a contrarre matrimonio ed è chiamato in prima persona a dare il proprio consenso alle nozze (art.84 comma 2 c.c.).

Egli può anche riconoscere direttamente il proprio figlio naturale secondo l’art. 250 comma 5 c.c., ma di regola quindi, il minore non può decidere di stipulare gli atti negoziali che andranno ad incidere direttamente nella sua sfera giuridica e neppure deciderne il loro compimento.

Egli non è in grado di esercitare da solo in modo autonomo i diritti dei quali è titolare, poiché la capacità di agire viene fatta coincidere con l’idoneità legale di ogni soggetto a svolgere da solo un’attività giuridica a lui imputabile.

L’analisi dell’art.2 comma 1 c.c. non può ridursi alla lettura combinata con la norma precedente, poiché va compresa, interpretata ed inquadrata nel sistema normativo dei contratti; infatti soltanto all’ esito di una tale analisi sarà possibile precisare quali atti giuridici potrà compiere il minore. 

In particolare, sarà possibile determinare le conseguenze della incapacità d’agire del minore contraente sia in applicazione ai negozi giuridici, nello specifico all’attuale contrattazione online. 

Di norma, il minore non può stipulare direttamente gli atti negoziali che riguardano, per questo motivo la condizione giuridica del minore si riflette sistematicamente in tutti gli aspetti negoziali disciplinati nel codice civile.

Si devono distinguere due fattispecie in merito ai contratti posti in essere dai minori: la prima riguarda il contratto concluso dai genitori in nome e per conto del figlio minore, facente riferimento al combinato disposto degli art. 2 comma 1 e art.320 comma 1 e 2; la seconda si riferisce al contratto concluso dal minore d’età senza il loro intervento, richiamando invece il combinato disposto degli artt. 2 comma 1 e 1425 comma 1 del codice civile. La prima ipotesi è quella di un atto valido, mentre la seconda è quella di un atto invalido.

La tutela del minore si configura quale prima prerogativa del legislatore, poiché egli assegna ai genitori il dovere imprescindibile di provvedere alla loro cura e ai loro patrimoni in virtù del loro stato di incapaci.

L’art. 320 del codice recita infatti: “i genitori congiuntamente, o quello di essi che esercita in via esclusiva la potestà genitoriale, rappresentano i figli nati e nascituri fino alla maggiore età o all’emancipazione, in tutti gli atti civili e ne amministrano i beni. Gli atti di ordinari amministrazione, esclusi i contratti coi quali si concedono o si acquistano diritti personali di godimento, possono essere compiuti disgiuntamente da ciascun genitore. Si applicano in caso di disaccordo o di esercizio difforme dalle decisioni concordate, le disposizione dell’art.316 c.c.”, in tema di responsabilità genitoriale, il quale recita a sua volta che “entrambi i genitori hanno la è esercitata di comune accordo tenendo conto delle capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni del figlio. I genitori di comune accordo stabiliscono la residenza abituale del minore.”. Alla luce dei due articoli precedenti, la responsabilità genitoriale si inquadra in termini di protezione dei profili non patrimoniali e dei profili patrimoniali del minore, quale complesso dei doveri e dei poteri di cui il padre e la madre sono titolari nei confronti dei figli.

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