La cassazione sul danno da perdita di chance

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Nel 2017 la Cassazione definiva la perdita di chance come “la concreta ed effettiva perdita di un’occasione favorevole di conseguire un determinato bene o vantaggio, in quanto tale costituente un’entità patrimoniale a sé stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione”. Il danno da perdita di chance, quindi, può essere definito come la attuale e concreta possibilità di conseguire un determinato vantaggio, la cui perdita determina un danno che, se provato, è risarcibile dal responsabile che ne ha determinato la perdita.

Graverà sul danneggiato l’onere di provare la ragionevole probabilità di verificazione della chance: in altre parole deve essere rilevante (almeno a livello di probabilità) la possibilità di conseguire il risultato sperato e impedito dalla condotta illecita. Il danno deve essere una conseguenza immediata e diretta di questa condotta.

 È sempre onere del danneggiato dar prova anche del nesso causale tra il fatto lesivo accaduto e la perdita dell’opportunità favorevole (chance).

Cassazione – ordinanza 32639/2022 

La vicenda iniziava dinanzi al Tribunale di Padova che rigettava la richiesta di risarcimento di una paziente e dei suoi congiunti, formulata nei confronti di un cardiologo e della struttura sanitaria per danni patiti a seguito di ischemia determinata, a detta del paziente, dalla condotta del professionista. Dall’evento ischemico derivavano postumi invalidanti pari all’80%.

Il primo e il secondo grado di giudizio rigettavano la domanda e la paziente proponeva ricorso in Cassazione lamentando che i Giudici non si erano pronunciati in merito alla domanda di risarcimento del danno da perdita di chance.

La Corte di Cassazione dichiarava il ricorso inammissibile per svariati motivi. In primis i Giudici evidenziavano l’omessa esposizione dei fatti di causa in quanto non veniva descritto l’evento ischemico, la condotta colposa posta in essere dal medico e dalla struttura e le conseguenze dannose che derivavano dall’evento lesivo.

La Corte evidenzia altresì che il ricorso difettava di autosufficienza in relazione al vizio denunciato: parte ricorrente, infatti, non indicava con precisione quale fosse l’atto difensivo in cui la domanda di risarcimento del danno da perdita di chance fosse stata tempestivamente proposta (nel primo grado di giudizio).

Anche nel caso in cui, dice la Corte, si volessero superare dette ragioni che determinano l’inammissibilità del ricorso proposto e che – quindi – si considerasse la domanda di risarcimento del danno da perdita di chance come una domanda non nuova (e, quindi, non proposta in sede di appello per la prima volta, ma anche in primo grado), la conseguenza sarebbe comunque l’inammissibilità del ricorso.

Ciò in quanto gli attori avevano semplicemente evocato il danno da perdita di chance ma avevano omesso di precisare e specificare quale fosse l’oggetto della perduta chance. In altre parole, quale chance è stata persa? Quella di guarigione? Quella di miglioramento delle condizioni di vita o di sopportazione di sofferenze più lievi? Quella di ottenimento di cure diverse e migliori?

Ancora, in sede di accertamento del nesso di causa, gli attori avevano provveduto alla verifica della causalità tra la condotta posta in essere dal sanitario e l’evento lesivo (ischemia): ciò vuol dire che il risarcimento veniva richiesto per un mancato raggiungimento di un determinato risultato (guarigione senza ischemia) e non, invece, risarcimento del danno per la perdita di chance di ottenerlo.

Ne è la dimostrazione che l’illecito non è costituito da un nesso di causa certo a fronte di un evento incerto (guarigione, miglioramento delle condizioni di vita, cure migliori ecc), bensì da un nesso di causa incerto (di cui veniva chiesto l’accertamento), a fronte di un evento certo (ischemia). 

La chance, per definizione, presuppone un evento incerto e il nesso di causalità deve essere provato ed accertato in relazione non all’evento certo (nel nostro caso l’ischemia), bensì in relazione ad uno specifico evento incerto (che nel caso di specie non veniva meglio identificato e che potrebbe essere la completa guarigione del paziente, il miglioramento delle sue condizioni di vita, il sopportare sofferenze inferiori rispetto a quelle concretamente sopportate ecc).

In ogni caso, quindi, sarebbe derivata l’inammissibilità del ricorso proposto.

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