Il risarcimento del danno morale. Ammissibili le presunzioni

risarcimento

Il principio

Il Tribunale di Napoli, con sentenza n.2462 del 28 giugno 2022, ha stabilito che, in tema di risarcimento del danno morale, è necessario che il danneggiato alleghi e dimostri la sussistenza di conseguenze ulteriori rispetto al danno biologico, ovverosia che dia prova delle ulteriori sofferenze patite di natura personale e soggettiva (c.d. danno morale).

Ne deriva, quindi, l’esclusione dell’automaticità del risarcimento del danno morale in quanto anche questa particolare voce di danno deve essere autonomamente provata e documentata. Proprio al fine del raggiungimento della prova di tale voce di danno, il Giudice dovrà prendere in considerazione tutte le conseguenze negative derivanti dall’evento lesivo e, nel rispetto dei principi di recente enunciati dalle Corti, evitare duplicazioni risarcitorie attribuendo nomi diversi a pregiudizi identici.

I fatti

La questione riguardava una richiesta risarcitoria proveniente da un condomino nei confronti del condominio per i danni riportati a seguito di una rovinosa caduta all’interno dell’atrio del fabbricato condominiale.

Il Giudice di prime cure accoglieva la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale (danno biologico) e patrimoniale (in particolare le spese mediche) ma rigettava la domanda relativa alla liquidazione del danno morale per carenza di allegazione e riscontro probatorio. In particolare, si legge “quanto al danno morale, giova evidenziare che pur essendo questo concettualmente distinto dal danno biologico, va comunque ricompreso unitamente a quest’ultimo nell’ambito della unitaria e omnicomprensiva categoria del danno non patrimoniale, sostanziandosi lo stesso nel carattere interiore del pregiudizio, ossia nella sofferenza manifestasi, che si colloca appunto nella dimensione del rapporto del soggetto con sé stesso. Ai fini del risarcimento del danno morale occorre che il danneggiato prospetti e dimostri la sussistenza di conseguenze ulteriori al danno biologico, ossia l’insorgenza di sofferenze di natura personale e soggettiva, con la conseguenza che deve essere esclusa l’automaticità del ristoro del danno morale, il quale va sempre provato”.

Osservazioni 

Proprio in punto di danno morale, deve ricordarsi proprio l’autonomia del danno morale rispetto al danno biologico, considerato che il danno morale non è suscettibile di accertamento medico-legale e, in ogni caso, si sostanzia nella rappresentazione di uno stato d’animo di sofferenza interiore, che prescinde dalle vicende dinamiche relazionali della vita del danneggiato.

La Cassazione, con la nota sentenza 24473/2020, distingueva all’interno del danno non patrimoniale: il danno biologico (danno alla salute rectius lesione all’integrità psicofisica avente fondamento medico –legale), il danno dinamico-relazionale (aspetto esteriore del danno) e il danno morale (aspetto interiore del danno).

Precisamente la Suprema Corte, nella citata sentenza, osservava che: “La natura unitaria e onnicomprensiva del danno non patrimoniale, secondo l’insegnamento della Corte costituzionale e delle Sezioni Unite della Suprema Corte deve essere interpretata, sul piano delle categorie giuridiche (anche se non sotto quello fenomenologico) rispettivamente nel senso:

a. di unitarietà rispetto a qualsiasi lesione di un interesse o valore costituzionalmente protetto e non suscettibile di valutazione economica;

b. di onnicomprensività intesa come obbligo, per il giudice di merito, di tener conto, a fini risarcitori, di tutte le conseguenze (modificative in pejus della precedente situazione del danneggiato) derivanti dall’evento di danno, nessuna esclusa, con il concorrente limite di evitare duplicazioni attribuendo nomi diversi a pregiudizi identici, procedendo, a seguito di articolata, compiuta ed esaustiva istruttoria, ad un accertamento concreto e non astratto del danno, all’uopo dando ingresso a tutti i necessari mezzi di prova, ivi compresi il fatto notorio, le massime di esperienza, le presunzioni…. Nel procedere all’accertamento ed alla quantificazione del danno risarcibile, il giudice di merito… deve congiuntamente, ma distintamente, valutare la reale fenomenologia della lesione non patrimoniale e, cioè, tanto l’aspetto interiore del danno sofferto (c.d. danno morale, sub specie del dolore, della vergogna, della disistima di sè, della paura, della disperazione), quanto quello dinamico-relazionale (destinato ad incidere in senso peggiorativo su tutte le relazioni di vita esterne del soggetto)”.

Il danno morale, quindi, deve essere allegato e provato dall’attore nella sua esistenza anche quando derivante da fatto astrattamente costituente reato: ciò perché non potrebbe ammettersi l’esistenza di un danno “in re ipsa”.

Sul piano di liquidazione del danno alla salute, infatti, il Giudice “dovrà: 1) accertare l’esistenza, nel singolo caso di specie, di un eventuale concorso del danno dinamico-relazionale e del danno morale; 2) in caso di positivo accertamento dell’esistenza (anche) di quest’ultimo, determinare il quantum risarcitorio applicando integralmente le tabelle di Milano, che prevedono la liquidazione di entrambe le voci di danno, ma pervengono (non correttamente, per quanto si dirà nel successivo punto 3) all’indicazione di un valore monetario complessivo (costituito dalla somma aritmetica di entrambe le voci di danno); 3) in caso di negativo accertamento, e di conseguente esclusione della componente morale del danno (accertamento da condurre caso per caso, secondo quanto si dirà nel corso dell’esame del quarto motivo di ricorso), considerare la sola voce del danno biologico, depurata dall’aumento tabellarmente previsto per il danno morale secondo le percentuali ivi indicate, liquidando, conseguentemente il solo danno dinamico-relazionale, 4) in caso di positivo accertamento dei presupposti per la cd. personalizzazione del danno, procedere all’aumento fino al 30% del valore del solo danno biologico, depurato, analogamente a quanto indicato al precedente punto 3, dalla componente morale del danno automaticamente (ma erroneamente) inserita in tabella, giusta il disposto normativo di cui al già ricordato art. 138, punto 3, del novellato codice delle assicurazioni”.

La sentenza della Suprema Corte n. 25164/2020, in tema di ricorso alla prova presuntiva, specifica che: “Premessa la diversa (e non più discutibile) ontologia del danno morale, questa Corte ha costantemente affermato (per tutte, Cass. civ. sez. Unite n. 26972/2008) che, attenendo il pregiudizio non patrimoniale de quo ad un bene immateriale, il ricorso alla prova presuntiva è destinato ad assumere particolare rilievo e può costituire anche l’unica fonte di convincimento del giudice, pur essendo onere del danneggiato l’allegazione di tutti gli elementi che, nella concreta fattispecie, siano idonei a fornire la serie concatenata dei fatti noti, onde consentire di risalire al fatto ignoto (così definitivamente superandosi la concezione del danno in re ipsa, secondo la quale il danno costituirebbe una conseguenza imprescindibile della lesione, tale da rendere sufficiente la dimostrazione di quest’ultima affinchè possa ritenersi sussistente il diritto al risarcimento). 4.1.2. Occorre, cioè, verificare se, alla complessità della morfologia del danno non patrimoniale, derivante dalla complessità contenutistica dei diritti della persona di volta in volta lesi, corrisponda un altrettanto articolato onere assertorio e probatorio. In ossequio al disposto dell’art. 163 c.p.c., comma 2, n. 4, oggetto di allegazione devono essere i fatti primari, ovvero i fatti costitutivi del diritto al risarcimento del danno e, con specifico riguardo alle conseguenze pregiudizievoli causalmente riconducibili alla condotta, l’attività assertoria deve consistere nella compiuta descrizione di tutte le sofferenze di cui si pretende la riparazione (mentre all’onere di allegazione dei danni non corrisponde un onere di qualificazione giuridica, ovvero il loro inquadramento sub specie iuris, alla luce del principio iura novit curia). 4.1.3. L’onere di allegazione è altresì funzionale all’esplicazione del diritto di difesa, onde consentire di circoscrivere il contenuto dello speculare onere di contestazione e, di conseguenza, di delimitare, nell’ambito dei fatti allegati, quelli da provare”.

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