Il reato di maltrattamenti commesso dall’insegnante ai danni di minori a lei affidati. 

maltrattamento su minori da parte dell'insegnate

In ambito civile viene in rilievo una responsabilità contrattuale ascrivibile all’istituto scolastico ed al singolo insegnante derivante dall’iscrizione scolastica e dal contatto sociale qualificato implicanti l’assunzione dei cd. doveri di protezione di cui gli artt. 1175 e 1375 c.c., che impongono il controllo e la vigilanza del minore dal suo ingresso nella scuola e per tutto il tempo in cui si trova legittimamente all’interno dell’istituto (Sez. 3 civ., n. 10516 del 28/04/2017 e Sez. 3 civ., n. 23202 del 13/11/2015). 

Le Sezioni Unite civili hanno avuto modo di precisare che “l’accoglimento della domanda di iscrizione e la conseguente ammissione dell’allievo determina l’instaurazione di un vincolo negoziale, in virtù del quale, nell’ambito delle obbligazioni assunte dall’istituto, deve ritenersi sicuramente inclusa quella di vigilare anche sulla sicurezza e l’incolumità dell’allievo nel tempo in cui fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni, anche al fine di evitare che l’allievo procuri danno a se stesso” e, quanto al precettore dipendente dall’istituto scolastico, che tra questi e l’allievo “si instaura, per contatto sociale, un rapporto giuridico, nell’ambito del quale il precettore assume, nel quadro del complessivo obbligo di istruire ed educare, anche uno specifico obbligo di protezione e di vigilanza, onde evitare che l’allievo si procuri da solo un danno alla persona” (Sez. U civ., n. 9346 del 27/06/2002, in motivazione).

Dal lato penale?

“Al fine della configurabilità del reato di maltrattamenti l’art. 572 c.p., richiede il dolo generico, consistente nella coscienza e volontà di sottoporre la vittima ad una serie di sofferenze fisiche e morali in modo abituale, instaurando un sistema di sopraffazioni e di vessazioni che avviliscono la sua personalità”. 

Nel caso di specie, si fa riferimento ai maltrattamenti perpetrati da un’insegnante a danno dei minori ad egli affidati, e di qui, la Suprema Corte proseguiva precisando che “…deve escludersi che l’intenzione dell’agente di agire esclusivamente per finalità educative sia elemento dirimente per fare rientrare gli abituali atti di violenza posti in essere in danno dei figli minori nella previsione di cui all’art. 571 c.p., in quanto gli atti di violenza devono ritenersi oggettivamente esclusi dalla fattispecie dell’abuso dei mezzi di correzione, dovendo ritenersi tali solo quelli per loro natura a ciò deputati, che tradiscano l’importante e delicata funzione educativa e che, in ogni caso, siano irrilevanti le convinzioni soggettive di tipo culturale o anche religioso del soggetto maltrattante. (FF – ONDIF,Cass. Pen., Sez. VI, Sent., 15 novembre 2022, n. 43434 )”.

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