Il patto di famiglia

Patto di famiglia

Il patto di famiglia è uno strumento che permette di programmare efficacemente il passaggio generazionale dell’impresa familiare ovvero è un contratto col quale, in base alla tipologia di società, l’imprenditore trasferisce, tutto o in parte, l’azienda, e il titolare di quote societarie trasferisce, tutto o in parte, le partecipazioni, ad uno o più discendenti (ex art. 768-bis c.c.).

Si riferisce, quindi, di un mezzo che consente all’imprenditore di scegliere uno o più discendenti, a cui trasferire l’azienda o le partecipazioni dell’impresa familiare.

Ai sensi dell’art 768 quater, comma 1 c.c., nel contratto devono aderire i seguenti soggetti:

  • disponente;
  • beneficiario;
  • coniuge e i legittimari;

inoltre, nel caso in cui l’imprenditore distribuisse solo ad un solo soggetti e non a tutti i legittimari, gli assegnatari dell’azienda o delle quote societarie devono liquidare gli altri partecipanti all’accordo, qualora quest’ultimi non rinunciamo in parte o in tutto, con il pagamento di una somma pari al valore delle quote previste dagli art. 536 e ss c.c., o in natura.

Come esposto dalla Cassazione n. 29506 del 2020, con il patto di famiglia “l’imprenditore può operare una sorta di successione anticipata nell’impresa, con l’assenso di tutti coloro che, in caso di apertura della successione, al momento della stipula del patto, assumerebbero la qualità di legittimari, in modo tale da regolare per tempo il passaggio generazionale nella gestione dell’impresa, evitando che, al momento della sua morte, l’azienda o le partecipazioni al capitale della società cadano nella comunione ereditaria”.

Dal punto di vista della tassazione indiretta, il passaggio dell’azienda o delle quote al coniuge o al discendente usufruisce dell’esenzione prevista dall’art.3 comma 4-ter del D.Lgs 346/90. Mentre per le compensazioni che l’assegnatario deve apportare a favore dei legittimari che non rinunciano, sono assoggettate alle aliquote e franchigie normali dell’imposta sulle successioni e donazioni ai sensi dell’art. 2 commi 47-53 del DL 262/2006.

La cassazione n. 29506 del 2020 ha esposto come le compensazioni devono essere tassate come liberalità eseguite dall’imprenditore e non dall’assegnatario dell’azienda. Quindi, attribuendo che le compensazioni risultano inscindibilmente collegate all’attribuzione dell’azienda, costituiscono una diretta conseguenza ovvero che “il patto realizza una liberalità nei confronti del discendente assegnatario e assolve ad una funzione solutoria, per quanto concerne alla liquidazione della quota dei legittimari non destinatari dell’assegnazione, anticipando gli effetti non solo dell’apertura della successione, ma anche della divisione tra legittimari”.

Per concludere, la Corte sostiene che le compensazioni sono un onere a carico del discendente assegnatario dell’azienda, a norma dell’art.58 comma 1 del D.Lgs 346/90, mentre si considerano donazioni a favore dei beneficiari quelle operate dallo stesso disponente e quindi assoggettate ad imposta.

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