Il danno cagionato dagli animali: il risarcimento.

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La responsabilità per danni cagionati da animali è doveroso rivolgersi alla disciplina civilistica, precisamente all’art. 2052, il quale dispone che “il proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, è responsabile dei danni cagionati dall’animale, sia che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito”. 

La responsabilità qui trattata riveste caratteri di oggettività e ripropone una colpa durante la sua sorveglianza o quando si ha la custodia dell’animale stesso (culpa in vigilando od in custodendo) e postula la mera relazione di proprietà o di uso, oltre al nesso causale tra il fatto dell’animale medesimo ed il danno subito dal terzo soggetto.

Il proprietario dell’animale o il suo temporaneo detentore sono alternativamente responsabili rispetto al tipo di uso esercitato sull’animale. 

Come si riflette questa alternatività in termini di legittimazione passiva, ovvero capacità del soggetto di essere chiamato a rispondere dei danni subiti da un terzo soggetto? 

Due potrebbero essere le casistiche: il proprietario è escluso dal controllo dell’animale in uso al detentore o, contrariamente, non perde questo carattere gestionale su di esso. Questa specificazione ha un notevole riflesso sulla responsabilità di cui sopra.

Di fatto nella prima ipotesi, il soggetto che si serve dell’animale col consenso del proprietario (detentore) – ovvero lo gestisce, ne ha la disponibilità, la compagnia, l’effettivo controllo – è la persona che ne fa uso per soddisfare un interesse autonomo: non solo di natura materiale, ma anche da un punto di vista affettivo; in questo caso il proprietario dell’animale, o in termini fattuali o in di diritto, non esercita più alcun controllo sull’animale stesso. In questo caso, l’unico responsabile di un eventuale risarcimento o ristoro per i danni cagionati ad un terzo è il detentore.

Nel secondo caso, invece, il proprietario continua a potersi servire dell’animale sia pure tramite un terzo, ma continua a mantenere la propria responsabilità dei danni, in quanto espressione del principio ubi commoda ibi et incommoda.

Il custode dell’animale.

Introduciamo ora una terza possibilità grazie alla figura di un soggetto che può essere considerato un custode dell’animale interessato. 

Quando viene sollecitata la cura, a titolo di mera gentilezza, sia per brevi che per lunghi periodi, la persona custode non incorre nella responsabilità della sopracitata previsione legislativa. Vediamo perché.

La responsabilità disciplinata dall’art.2052 c.c. – in quanto forma di responsabilità aggravata – non è prevedibile per la custodia. Il solo affidamento per ragioni di mantenimento, di custodia o semplice cura o non trasferire alcun diritto per usare gli animali per avere un vantaggio, mantiene a carico del proprietario dell’animale, senza coinvolgere un soggetto terzo (il custode), sull’imputabilità della responsabilità per i danni cagionati. 

Il custode risponderà, se del caso, ex art. 2043, cod. civ. ove sia provato che, nella custodia, ha violato le comuni regole di prudenza e diligenza, quali clausole generali dell’ordinamento, a cui tutti siamo sottoposti in tema di responsabilità extra contrattuale.

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