Il chirurgo estetico. Profili di responsabilità

IL CHIRURGO ESTETICO. Profili di responsabilità

La responsabilità del chirurgo in ambito di medicina estetica assume un carattere particolare rispetto alle altre professioni o specializzazioni mediche.

Storicamente la chirurgia estetica è spesso stata esclusa dall’alveo della medicina ordinaria in quanto non era volta ad una cura del paziente (nel senso molto stretto del termine) bensì ad un miglioramento dell’aspetto estetico del paziente.

A partire dagli anni ’90, però, la giurisprudenza ha iniziato ad individuare una specifica collocazione della chirurgia estetica all’interno della generale arte medica e, quindi, ad individuarne – in maniera più simile e conforme alle altre specialità – le caratteristiche in tema di responsabilità medica: si giungeva, quindi, ad una valutazione della responsabilità del chirurgo plastico, al pari di quella di qualsiasi altro chirurgo.

La peculiarità del sistema di responsabilità in tema di danni estetici è quella dettata dalla disciplina del consenso informato a cui è chiamato l’operatore medico che propone il trattamento.

Il carattere problematico, almeno storicamente, era la collocazione della prestazione estetica tra le obbligazioni: il quesito, quindi, era se si trattava di obbligazioni di mezzo o di risultato.

Bisogna ricordare che la responsabilità cui va incontro il medico, secondo le previsioni della Legge Gelli Bianco, è – in linea di principio – extracontrattuale (fanno sempre eccezione i casi in cui il paziente abbia stabilito un rapporto fiduciario con il medico).

La chirurgia estetica rientra nel più ampio ambito della chirurgia plastica che è una disciplina volta a ripristinare una condizione di integrità fisica, danneggiata da eventuali eventi traumatici, che si suddivide in chirurgia plastica ricostruttiva e riparatrice.

La chirurgia estetica, invece, non persegue lo scopo di rimediare ad una patologia, ad un danno o un trauma; ha origine, invece, dalla volontà del paziente di modificare il proprio aspetto.

I profili che sono stati maggiormente analizzati dalla giurisprudenza: un primo aspetto è quello della separazione tra l’attività di chirurgia estetica e quella clinica e un secondo aspetto relativo, proprio, alla natura dell’obbligazione contrattuale nascente da tale attività.

È necessario partire dalla constatazione che il paziente che si rivolge al chirurgo estetico lo fa al fine di raggiungere un determinato risultato estetico che entra nell’oggetto del contratto tra le parti.

Ecco perché assume un certo rilievo la distinzione tra obbligazione di mezzi e di risultato: la giurisprudenza ha più volte qualificato la prestazione del medico chirurgo plastico come un’obbligazione di risultato. Insomma, il raggiungimento di un determinato risultato rappresenta il criterio per valutare la correttezza dell’intervento estetico.

Secondo la più risalente giurisprudenza “la funzione tipica dell’arte medica, individuata nella cura del paziente, al fine di vincere la malattia, ovvero di ridurne gli effetti pregiudizievoli o, quanto meno, di lenire le sofferenze che produce, salvaguardando e tutelando la vita, non esclude, infatti, la legittimità della chirurgia estetica, che, a prescindere dalle turbe psicologiche che potrebbero derivare da una dilatata considerazione degli aspetto sgradevoli del proprio corpo, tenda a migliorarne esclusivamente l’estetica”. Ancora, la Corte ha affermato che “il chirurgo estetico può assumere una semplice obbligazione di mezzi, ovvero anche una obbligazione di risultato, osservandosi tuttavia che quest’ultimo non costituisce, comunque, un dato assoluto, dovendosi viceversa valutare con riferimento alla situazione pregressa ed alle obiettive possibilità consentite dal progresso raggiunto dalle tecniche operatorie”.

In dottrina sono stati in molti a classificare le prestazioni estetiche quali obbligazioni di risultato.

In realtà la giurisprudenza ha precisato che, anche classificando le prestazioni di chirurgia estetica come obbligazioni di mezzo, questo non determinerebbe l’impossibilità di risarcire le pretese di pazienti insoddisfatti. Ciò anche perché il rapporto tra chirurgo estetico e paziente rientra comunque nello schema contrattuale: ne deriverà che sarà da valutare l’esito fausto o infausto di un intervento di chirurgia estetica per poi analizzare, così come in ogni altro intervento medico, la correttezza formale dell’intervento, la procedura e il risultato, nonché l’eventuale condotta colposa del medico, il grado di diligenza applicato ed il nesso di causalità.

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