I piani di risanamento ex art. 67 l.f.

piani di risanamento

I piani attestati di risanamento ex art. 67 l.f. sono delle procedure stragiudiziali utilizzate per la risoluzione della crisi d’impresa.

Tale strumento può essere utilizzato dalle imprese soggette al fallimento ex art. 1 l.f., è un istituto poco regolamentato dalla legge fallimentare, difatti, il contenuto del piano non è stabilito dal Regio decreto del 1942, esso inoltre non è soggetto a pubblicità e non è stabilito un limite minimo di percentuale di approvazione da parte dei creditori per la sua validità e ogni creditore può subire un diverso trattamento in base agli accordi stabiliti tra le parti.

Scopo del piano di risanamento 

Il fine principale del piano di risanamento è quello di rinegoziare le varie posizioni debitorie con i creditori e ridefinire l’organizzazione gestionale-amministrativa dell’impresa in modo da poter proseguire l’attività d’impresa risolvendo la crisi in modo tempestivo.

Tra i vantaggi del presentare un piano di risanamento si ha che “gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni del debitore purché posti in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell’impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria; un professionista indipendente designato dal debitore, iscritto nel registro dei revisori legali ed in possesso dei requisiti previsti dall’art. 28, lettere a) e b) deve attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano; il professionista è indipendente quando non è legato all’impresa e a coloro che hanno interesse all’operazione di risanamento da rapporti di natura personale o professionale tali da comprometterne l’indipendenza di giudizio.”

Il professionista esperto dovrà essere scelto dall’imprenditore tra i professionisti iscritti nel registro dei revisori legali e nell’Albo dei dottori commercialisti ed esperti contabili o degli avvocati.

La dottrina e la prassi prevalenti sostengono che il piano venga redatto nella prospettiva della continuità aziendale e di solito e che debba essere costruito tenendo conto di un periodo temporale di 3-5 anni.

Anche se la legge non prevede una specifica forma per la redazione del piano, la prassi vuole che il piano sia redatto in forma scritta e abbia data certa in modo che gli atti compiuti in attuazione dello stesso siano tenuti al di fuori di un’eventuale azione revocatoria.

L’attestatore nella sua relazione:

  • indicherà le metodologie utilizzate nell’analisi;
  • elencherà le attività svolte dal professionista; 
  • verificherà che le stime siano redatte tenendo conto dei principi contabili utilizzati per la redazione dei bilanci storici;
  • valuterà se il piano è conforme all’operato delle altre aziende che operano nel medesimo settore;
  • valuterà i possibili effetti sui principali indicatori di performance causati dalle azioni previste nel piano;
  • motiverà dettagliatamente le conclusioni alle quali è giunto.

Di recente il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili ha pubblicato i nuovi Principi di attestazione dei piani di risanamento, che aggiornano quelli approvati nel 2014. La necessità di delineare modelli comportamentali riferiti all’attività svolta dall’attestatore, riguardo in particolare al giudizio di fattibilità del piano e alla verifica della veridicità dei dati, è sorta al fine che gli attestatori svolgano il proprio incarico in modo più sereno, che i creditori esprimano il proprio voto in maniera più consapevole e che gli organi giudiziari possano interpretare con maggior uniformità di giudizio le norme di comportamento adottate.

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