Il termine cybercrime è spesso ridondante nelle nostre vite e spesso ne sentiamo parlare in questioni che riguardano il web.
Il dizionario Treccani definisce il cybercrime come: “Reato nel quale la condotta o l’oggetto materiale del crimine sono correlati a un sistema informatico o telematico, ovvero perpetrato utilizzando un tale sistema o colpendolo (rispettivamente, si parla di computer as a tool e computer as a target)”.
La definizione intende ricomprendere anche i reati informatici impropri, che solo incidentalmente vengono commessi sulla rete o mediante l’uso di dispositivi, quali il computer; questa tipologia di reato ha carattere comune e quelli di ingiuria e di diffamazione sono quelli maggiormente diffusi; questi ultimi possono perfezionarsi anche attraverso la posta elettronica o chat.
Un ulteriore reato tipico e comune in questo mondo digitalizzato è quello di molestie, che spesso si instaura in luoghi virtuali, quali i social network. Il reato si attua anche mediante spamming, che si concretizza normalmente l’invio massivo e indiscriminato di messaggi di posta elettronica senza il consenso del destinatario. Si tratta solitamente di e-mail aventi contenuto pubblicitario.
Purtroppo il mondo digitale si rende idoneo ad ospitare anche i reati più gravi come l’istigazione a delinquere, l’istigazione all’odio razziale, il riciclaggio (cyberlaundering) o la pedopornografia.
Nella definizione in premessa tratta dei reati di carattere informatico definiti propri, i “quali sono stati introdotti nell’ordinamento italiano dalla legge 547/1993 e dalla legge 48/2008, di ratifica della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla criminalità informatica di Budapest del 23 novembre 2001”.
Nel codice penale sono considerati reati informatici tipici il “danneggiamento di dati, programmi e sistemi, la frode informatica, l’accesso abusivo, la detenzione e la diffusione abusiva di codici d’accesso e la diffusione di apparecchiature, dispositivi o programmi informatici diretti a danneggiare o interrompere un sistema informatico o telematico, la falsificazione di documenti informatici, l’interferenza illecita nelle comunicazioni informatiche o telematiche”.
Il Cybercrime in Italia.
In Italia solo le grandi aziende investono adeguatamente e sufficientemente le loro risorse per un valore complessivo pari a 1,37 miliardi di euro, con il 75% di questa cifra portato dalle prime.
Al fine di salvaguardare il patrimonio informativo, le aziende italiane si affidano spesso ad un Responsabile della sicurezza informatica o CISO (Chief Information Security Officer).
In generale, le figure professionali dedicate alla gestione della Cyber Security sono in aumento. Al CISO si affiancano Security Analyst, Ethical Hacker, Security Engineer e Security Developer, tra i ruoli più cercati e richiesti in questo delicato ambito.