Convivenza more uxorio. Le attribuzioni patrimoniali

Premessa

Un elemento di estrema rilevanza è rappresentato dal fatto che né la Costituzione né il Codice Civile forniscono una definizione di “famiglia”: non si tratta di un concetto universale o immutabile, ne vengono solo riconosciuti i diritti come “società naturale”.

La disciplina dei rapporti di famiglia dettata con il Codice del 1942 era improntata su valori che, già dopo il dopoguerra, risultavano antiquati.

Con la L.898/1970 veniva introdotto il divorzio: il matrimonio, quindi, non era più indissolubile.

5 anni dopo la necessità di una riforma diventava sempre più insistente e portava alla L.151/1975 “Riforma del diritto di famiglia”.

Gli interventi legislativi a seguire sono stati molteplici, a mero titolo esemplificativo e non esaustivo si richiamano: 1987 riforma della legge sul divorzio, 2001 disciplina sull’adozione, 2004 leggi sulla procreazione medicalmente assistita, 2006 affidamento condiviso dei figli di coppie separate, 2012 revisione della disciplina sulla filiazione con eliminazione di qualsiasi differenza di trattamento giuridico per figli naturali e legittimi, 2016 regolamentazione delle convivenze more uxorio ecc.

Le unioni civili tra persone dello stesso sesso (disciplinate dalla L.76/2016) posso dirsi quasi equiparabili al matrimonio sia per quanto riguarda l’aspetto patrimoniale che personale (ad eccezione dell’obbligo di fedeltà che è presente nella disciplina del matrimonio ma non in quella delle unioni civili). Differente, però, è la separazione poiché per le unioni civili non c’è un vero e proprio procedimento di separazione ma solo una dichiarazione dinanzi all’Ufficiale di Stato Civile di non volontà di mantenere l’unione. Le conseguenze sono uguali a quelle previste per il divorzio.

Diverso è, invece, per le convivenze di fatto (o unioni more uxorio) quali formazioni sociali rilevanti ex art. 2 Costituzione, caratterizzate da doveri di natura morale e sociale di ciascun convivente nei confronti dell’altro, che si esprimono anche nei rapporti di natura patrimoniale.

L’aspetto patrimoniale assume una certa rilevanza proprio perché, dal dovere di solidarietà tra due persone unite da un legame affettivo, conseguono delle reciproche attribuzioni patrimoniali.

Le obbligazioni naturali

Si deve poi ricordare che, secondo quanto previsto dall’art.2034 c.c., per obbligazioni naturali si intende quanto è stato spontaneamente prestato in esecuzione di doveri morali o sociali: non ne è ammessa la ripetizione, salvo non siano state eseguite da un incapace, né è previsto producano altri effetti.

Le obbligazioni naturali si distinguono in “tipiche” e “atipiche” (esecuzione spontanea di un dovere morale o sociale).

Le obbligazioni naturali non vanno confuse con la donazione remuneratoria; la distinzione, secondo parte della dottrina, starebbe nel fatto che la donazione remuneratoria è un atto di liberalità effettuato con animus donandi, senza che vi sia alcuna controprestazione da parte di chi riceve la donazione, l’obbligazione naturale – invece – non può definirsi come un atto compiuto liberamente dall’agente che, invece, sarebbe mosso da un dovere morale. Per altra parte della dottrina la differenza starebbe nel grado del vincolo morale o sociale e nel motivo.

Chiaro che la distinzione tra le due assume una certa rilevanza: l’adempimento di una obbligazione naturale, infatti, non è soggetto a collazione, riduzione e revocatoria e nemmeno è soggetta alle forme previste per la donazione.

Applicazione alle convivenze more uxorio

Ci si chiede, quindi, a quale categoria appartengano le attribuzioni patrimoniali effettuate in costanza di una convivenza more uxorio.

Tra queste, ad esempio, vi sono spese di vitto e alloggio, attività lavorativa e attività di assistenza di uno all’altro.

Queste attribuzioni patrimoniali, derivanti da un dovere di responsabilità e solidarietà tra i due soggetti, si ritengono svolte in adempimento di un’obbligazione naturale nel momento in cui rispettino i principi di proporzionalità e di adeguatezza alle condizioni patrimoniali (ma anche sociali) dei componenti della famiglia di fatto.

Come accade nel matrimonio, le spese del ménage familiare, almeno presumibilmente, saranno state sostenute sulla base di uno spirito solidaristico senza che debba essere analizzato quanto un componente della famiglia abbia contribuito rispetto all’altro. 

Nello stesso senso deve intendersi la dazione di denaro di uno in favore dell’altro in occasione della cessazione del rapporto, sempre che tale attribuzione sia proporzionata all’entità patrimoniale di colui che l’ha fatta.

In caso di attribuzioni che superino i limiti di proporzionalità e adeguatezza e che eccedano i doveri di carattere morale e assistenziale, faranno sorgere un diritto all’indennizzo sulla base di quanto previsto dall’art.2041 c.c. in tema di arricchimento senza causa.

Un esempio: si può configurare ingiusto arricchimento qualora un soggetto contribuisca economicamente alla costruzione di un immobile intestato all’ex partner, proprio perché tale atto travalica il limite della proporzionalità e dell’adeguatezza, ma anche del mero adempimento delle obbligazioni che si generano dal rapporto di convivenza tra due persone.

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