Capacità giuridica del minore

capacità giuridica de minore

La capacità giuridica, come si è premesso, attribuisce all’infradiciottenne una tutela statica. Egli, infatti, non è in grado di esercitare in modo autonomo i diritti dei quali è titolare; la capacità di agire viene fatta coincidere con l’idoneità legale di ogni soggetto a svolgere da solo un’attività giuridica a lui imputabile.

La dottrina mette spesso in relazione questo tipo di capacità con l’autonomia privata, precisando come il presupposto indispensabile per la capacità di cui al 1° comma dell’art. 2 c.c. sia l’attitudine del soggetto a curare i propri interessi. 

Da qui prende corpo la necessità di legare tale capacità al raggiungimento della maggiore età (secondo una presunzione legale relativa al processo di maturazione intellettiva e volitiva dell’essere umano nello sviluppo della sua persona). 

Il legislatore presuppone che solo col raggiungimento del diciottesimo anno, ogni persona fisica abbia completato lo sviluppo che gli consente di svolgere le attività relative alla propria sfera d’interessi.

In quest’ottica di maturazione, il minorenne diviene consapevole e responsabile, adottando decisioni idonee a soddisfare i propri interessi e quelli dei soggetti che possono entrare in relazione con lui. 

Il compimento dei diciotto anni non è soltanto un fatto anagrafico, ma il sistema giuridico italiano attribuisce a tale evento un significato ben più alto, trasformando un minorenne in un soggetto che possiede piena capacità come centro di diritti e doveri.

Le nozioni contenute negli artt.1 e 2 del codice civile hanno un ruolo fondamentale, poiché specificano le capacità di cui è dotato o acquisirà il minore.

L’ art.2 c.c. disciplina la condizione della persona umana nella struttura stessa del codice in combinato disposto con il precedente articolo. Le due tipologie di capacità si interfacciano e si integrano reciprocamente, poiché nel corso della vita della persona fisica, assumano rilievo in momenti diversi estinguendosi con l’evento della morte. La perdita della capacità d’ agire può avvenire anche per cause diverse dalla morte, legislativamente predeterminate a differenza della perdita della capacità giuridica (art. 22 Cost.).

La norma si riferisce alle qualità che delineano la personalità giuridica del cittadino, consentendo a quest’ultimo di essere identificato, di poter compiere atti negozi giuridici e di esercitare i propri diritti ed i doveri8. Tali diritti costituiscono articolazioni di principi fondamentali sanciti nella prima parte della Costituzione quale quello di eguaglianza (art.3 Cost.) e di salvaguardia dei diritti inviolabili della persona (art.2 Cost.). 

Accanto a quella costituzionale, le fonti nazionali dei diritti della personalità richiamano gli articoli dal 5 al 10 del codice civile, mentre nel codice penale sono rinvenibili nei delitti contro la persona. Tra le Carte Internazionali dei Diritti si annoverano: 

– la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo proclamata dalle Nazioni Unite nel 1948;

– la Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali (Roma, 1950, ratificata nel 1955, modificata da protocolli aggiuntivi tra cui l’ultimo entrato in vigore nel 2010), c.d. CEDU (Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo);

– il Patto internazionale sui diritti civili e politici (New York, 1966, reso esecutivo nel 1977);

– il Trattato sull’Unione Europea (Maastricht, 1992), modificato dal Trattato di Lisbona, 2007, entrato in vigore nel 2009;

– Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, 2000, c.d. Carta di Nizza;

– Convenzione sui diritti umani e la biomedicina (1997, recepita dall’Italia con L. n. 145/2001), c.d. Convenzione di Oviedo.

In particolare la Dichiarazione Universale ONU dei Diritti dell’Uomo rimane un caposaldo normativo di storica e universale importanza, fonte di ispirazione per la Carta dei diritti fondamentali dell’UE, proclamata quest’ultima per la prima volta il 7 dicembre 2000 a Nizza poi una seconda volta nella versione promulgata a Strasburgo nel 2007 e dotata, dopo l’entrata in vigore nel 2009 del Trattato di Lisbona, di valore vincolante per le istituzioni europee e i Paesi membri.

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