Violazione privacy dei lavoratori da parte del datore di lavoro

manette privacy

La videosorveglianza in azienda costituisce un argomento spinoso sotto diversi profili.

In Italia la materia è regolata da cd. Jobs Act (D.Lgs n. 151 del 14 settembre del 2015) che ha riformulato l’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori.

Se i tempi di conservazione delle immagini e l’obbligo di dedicare informative ad hoc contenenti la regolamentazione di tale trattamento sono un aspetto prioritario che il datore di lavoro deve rispettivamente regolamentare e adottare nella propria azienda, un altro argomento di particolare importanza è rappresentato dal contemperare un bilanciamento fra il diritto di controllare che l’attività lavorativa dei dipendenti e il dovere di rispettare la loro riservatezza, dignità personale, la loro libertà di espressione e di comunicazione

Lo Statuto dei Lavoratori statuisce un preciso divieto dei controlli lesivi dei diritti inviolabili dei lavoratori ed in particolare è precluso, in via generale (salvo puntuali eccezioni), ogni tipo di controllo occulto.

Costituisce un argomento a parte la possibilità per il datore di lavoro di adottare controlli a distanza nei confronti dei lavoratori, dovendo sul punto precisare i principi che quest’ultimo deve necessariamente rispettare per non minare il delicato equilibrio fra garantire la tutela del lavoratore, e mantenere il proprio diritto alla tutela dell’azienda.

Fra i principi in questione si ricordano quello di necessità in base al quale il controllo deve risultare necessario o indispensabile rispetto ad uno scopo determinato ed avere il carattere dell’eccezionalità, limitato nel tempo e nell’oggetto, mirato e mai massivo.

Ancora, il datore di lavoro deve rispettare il principio di finalità, rispetto al quale il controllo deve essere finalizzato a garantire la sicurezza o la continuità aziendale.

Infine, il sistema di videosorveglianza deve sottostare al principio di proporzionalità, in virtù del quale detto sistema deve essere caratterizzato da forme di controllo non eccedenti rispetto alla finalità di poter controllare l’attività lavorativa.

Con riferimento a tale tematica, di fondamentale importanza risulta la circostanza che il datore di lavoro deve essere in grado di individuare, sia nell’informativa dedicata ai propri dipendenti, sia nell’informativa cd. estesa sulla videosorveglianza da esporre in azienda (in luogo visibile a tutti gli interessati al trattamento, tra cui gli stessi clienti e fornitori)  la corretta base giuridica del trattamento.

Quest’ultima può infatti essere rappresentata, sulla scorta dell’art 6 del GDPR nelle seguenti condizioni di liceità:

– adempimento di obblighi derivanti da un contratto di lavoro;

– adempimento di obbligazioni previste dalla legge;

– interesse legittimo del datore di lavoro.

Tra le norme dettate dal GDPR che vengono in rilievo in tema di sistema di videosorveglianza aziendale e controlli dei lavoratori, non si può non fare riferimento all’art. 88 in base al quale gli Stati possono emanare regole particolari atte a garantire la protezione dei diritti e delle libertà dei dipendenti durante i trattamenti dei dati nel contesto del rapporto di lavoro.

Questo può avvenire tramite accordi collettivi o disposizioni legislative. Il GDPR prevede, quindi, che le attività di controllo del lavoratore siano svolte in un contesto di trasparenza e di adeguata protezione dei dati personali.

A titolo esemplificativo, il controllo del datore di lavoro può avvenire a partire dalla valutazione dei candidati in sede di assunzione, oppure in occasione delle verifiche svolte in ambito di salute e sicurezza dell’ambiente di lavoro, o ancora in caso di eventuale recesso del lavoratore da rapporto di lavoro.

In tutti questi ambiti, è necessario che il datore di lavoro abbia adottato gli strumenti idonei a garantire il rispetto delle norme che regolano l’installazione di un impianto di videosorveglianza.

E’ necessario inoltre tenere conto del tipo di strumento utilizzato per effettuare il controllo del lavoratore (es. videosorveglianza, PC, smartphone).

L’installazione di impianti audiovisivi e altri strumenti dai quali deriva anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori è di norma vietata, ad eccezione che il datore di lavoro provi la finalità del trattamento rappresentata da esigenze organizzative e produttive, di sicurezza del lavoro e tutela del patrimonio aziendale oppure sia stato stipulato un preventivo accordo sindacale (o, in mancanza, autorizzazione della Direzione territoriale del lavoro).

Da sottolineare come l’accordo sindacale o la detta autorizzazione devono sempre precedere l’installazione dell’impianto, non solo la messa in funzione come ben ha ricordato la Suprema Corte, sez. penale, con la sentenza n. 4331 del 2014.

Tra le novità della riforma, è opportuno ricordare quella introdotta dal secondo comma dell’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori, così come riformato, il quale prevede che le garanzie non si applicano agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa (es. smartphone, tablet, personal computer), e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze. In tali casi l’installazione non richiede alcun accordo sindacale, sebbene il Ministero del Lavoro ha stabilito[1] che nel momento in cui lo strumento viene modificato, consentendo ad esempio, la localizzazione del lavoratore, non è più possibile annoverarlo in tale categoria.

Ancora, il comma 3 stabilisce che le informazioni raccolte tramite gli strumenti di cui al comma 1 e 2, sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che al lavoratore sia data adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli.

Merita infine un breve cenno il tema della geolocalizzazione dei veicoli, il quale ben può essere posto per tutelare la sicurezza dei veicoli e dei lavoratori

Tale trattamento assume invece i caratteri della illecita qualora i veicoli aziendali possano essere usati anche per finalità private.

Sul punto, il Garante per la protezione dei dati personali ha avuto modo di affermare che il dipendente deve non solo essere informato che il datore di lavoro sta ponendo in essere un simile monitoraggio, ma deve anche essere nelle condizioni di poter disattivare tale sistema di controllo nel momento in cui svolge un’attività di natura personale con l’auto.

Tra gli obblighi cui il datore di lavoro è soggetto per essere compliance in tale situazione è quello di predisporre un’informativa all’intero del veicolo, ben leggibile, che ricordi al dipendente l’esistenza del sistema di monitoraggio e come poter interrompere tale trattamento.

[1] Si veda la nota del 18 giugno 2015

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