Le potenzialità dello smartworking, in tempi di crisi o meno, sono evidenti a tutti. Oltre alla riduzione dei costi aziendali intorno al 30%, la modalità di lavoro telematica permette al dipendente di poter produrre il 15% in più rispetto al regime ordinario in luoghi di lavoro. Quanto detto, non permette deroghe ai controlli e alle regole che andavano osservate in sede aziendale. Vi sono e permango sempre dei protocolli interni, ma rivisitati alla luce della nuova modalità di lavoro.
Come affrontare un corretto smartworking alla luce della tutela dei dati aziendali?
Innanzitutto è bene iniziare a semplificare la vecchie procedure ed introdurre dispositivi tecnologici adatti, nonché fornirli ai propri dipendenti in modo da svolgere le mansioni attraverso canali appropriati.
Il datore di lavoro è sempre responsabile della sicurezza dei dati che circolano attraverso i dispositivi da remoto, per questo le forti implicazioni sulla privacy e sulla cyber security non sono da sottovalutare.
Il datore di lavoro si dovrebbe tutelare, quindi, affidando al collaboratore un dispositivo elettronico coperto dalla policy aziendale (Mobile Device Management) e fornendogli un training circa le procedure di protezione; gli aggiornamenti dei sistemi operativi, l’uso di potenti antivirus, password robuste e periodici back up dei dati sono esempi di valide misure di prevenzione e tutela.
Lo smartworking richiede un approccio mentale differente delle parti coinvolte, per questo è fondamentale strutturare un coretto lavoro da remoto grazie a corretti strumenti e chiare direttive aziendali.
Di seguito le statistiche dello smartworking in Italia, diviso tra grandi imprese, piccole e medie imprese e pubbliche amministrazioni.
Fonte: https://www.studiomeripieri.it/attualita/smartworking-vantaggi-e-svantaggi/