Separazione consensuale: tempi e fasi della procedura

separazione consensuale

SEPARAZIONE CONSENSUALE

I coniugi che vogliono interrompere la convivenza e i doveri coniugali possono ricorrere allo strumento della separazione personale che può essere consensuale oppure attraverso un procedimento contenzioso di separazione giudiziale.

Il divorzio, invece, segna lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio e può essere richiesto solo dopo che è trascorso un periodo di tempo fissato dalla legge (sei mesi o un anno) successivo alla separazione; è però possibile chiedere direttamente il divorzio in alcune circostanze precisamente indicate (essenzialmente quando uno dei coniugi commette determinati reati). Anche il divorzio può essere consensuale (o meglio congiunto) oppure giudiziale.

Dal 2014 i coniugi possono separarsi consensualmente o chiedere un divorzio congiunto o modificare le condizioni di separazione o divorzio anche valendosi di due nuove procedure: la negoziazione assistita dagli avvocati, possibile anche in presenza di figli, oppure l’accordo davanti al Sindaco, possibile solo se in mancanza di figli o se i figli maggiorenni sono capaci, non hanno handicap gravi o sono economicamente autosufficienti.

Alle parti dell’unione civile che vogliono sciogliere il loro legame si applica la disciplina del divorzio, ma non le regole della separazione. In alternativa possono anch’esse ricorrere a negoziazione assistita o accordo davanti al Sindaco.

 

CARATTERI DELLA SEPARAZIONE CONSENSUALE

La separazione personale tra coniugi è consensuale se è richiesta congiuntamente dai coniugi o da uno solo con l’accordo dell’altro.

La separazione consensuale è il procedimento con il quale i coniugi, per porre rimedio alla crisi matrimoniale, decidono di comune accordo di interrompere la convivenza e di sospendere gli effetti del matrimonio, determinando autonomamente le condizioni e le modalità dei rapporti economici e personali tra loro e con i figli.

Questo procedimento si fonda sull’accordo dei coniugi e rientra tra i procedimenti di volontaria giurisdizione e termina con l’omologazione del consenso coniugale (art.158 comma 1 cod. civ.).

I coniugi possono presentare la domanda anche senza l’assistenza di un avvocato, ma ciascuno di essi può nominarne uno o possono sceglierne uno in comune.

 

GIUDICE COMPETENTE

Se i coniugi sono italiani e hanno la residenza comune in Italia la domanda di separazione si propone al Tribunale del luogo dell’ultima residenza comune o, in mancanza, del luogo in cui il coniuge convenuto ha residenza o domicilio (art.706 comma 1 cod. proc. civ.).

Se il coniuge convenuto risulta irreperibile, la domanda si propone al Tribunale del luogo di residenza o domicilio del ricorrente (art.706 comma 2 cod. proc. civ.).

Quando uno o entrambi i coniugi sono stranieri (UE o extra UE) le regole sulla competenza del Tribunale sono sancite dal Regolamento comunitario relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia di matrimonio, di responsabilità genitoriale e di sottrazione internazionale di minori (Reg. CE 2201/2003, c.d. Bruxelles II bis), il quale, secondo pacifica giurisprudenza comunitaria e nazionale, è applicabile anche a cittadini di Stati terzi rispetto alla UE.

 

DOMANDA DI SEPARAZIONE CONSENSUALE

La domanda di separazione consensuale può essere proposta da un coniuge con l’accordo dell’altro o da entrambi congiuntamente, purché siano capaci di intendere e volere.

Non c’è un limite di tempo, ciascuno dei coniugi può presentare la domanda in ogni momento.

La domanda si propone con ricorso al Tribunale competente (art.706 comma 1 cod. proc. civ.), che deve contenere:

– indicazione del Tribunale competente;

– indicazioni relative ai coniugi: generalità, residenza, codice fiscale;

– indicazioni relative agli avvocati: generalità, codice fiscale, numero di fax e pec;

– precisazione se ci sono figli di entrambi i coniugi;

– oggetto del giudizio;

– ragioni di fatto della domanda e condizioni della separazione già concordate o l’indicazione di un avvenuto accordo o della possibilità di raggiungerlo;

– conclusioni che il/i coniuge/i chiede/chiedono al Giudice di accogliere;

– sottoscrizione dell’originale da parte dei coniugi, nel caso di presentazione senza assistenza legale, e dell’avvocato a cui è rilasciata procura, nel caso di assistenza legale.

Al ricorso di cui sopra si devono allegare i seguenti documenti:

–  certificato di residenza di entrambi i coniugi;

–  stato di famiglia dei coniugi;

–  estratto per riassunto dell’atto di matrimonio;

–  ultime dichiarazioni dei redditi presentate (richieste solo da alcuni Tribunali).

 

FASE PRESIDENZIALE

Nei 5 giorni successivi al deposito del ricorso presso la Cancelleria del Tribunale territorialmente competente, il Presidente fissa con decreto una udienza presidenziale di comparizione dei coniugi davanti a sé, che si deve tenere entro 90 giorni dal deposito del ricorso.

A detta udienza davanti al Presidente i coniugi devono comparire personalmente (art.711 comma 1 cod. proc. civ.): la presenza fisica è necessaria affinché prestino il loro consenso alla separazione.

In questa sede il Presidente esperisce il tentativo di conciliazione per ristabilire la vita coniugale (art.711 comma 1 cod. proc. civ.).   

Se i coniugi si conciliano, il Presidente fa redigere il verbale di conciliazione (art.711 comma 1 cod. proc. civ. che richiama l’art.708 comma 2 cod. proc. civ.) e il processo termina (art.708 comma 2 c.p.c.).   

Se i coniugi non si conciliano (ipotesi più frequente) si redige il verbale di separazione che deve contenere (art.711 comma 3 cod. proc. civ.) il consenso dei coniugi alla separazione e l’accordo da essi raggiunto in merito alla separazione (rapporti personali, patrimoniali, assegno di mantenimento e decisioni circa l’affidamento e il mantenimento dei figli).

Il verbale viene letto e sottoscritto da entrambi i coniugi.

Se il Presidente non effettua il tentativo di conciliazione, il giudizio è nullo, ma la nullità è rilevabile solo ad eccezione di parte, in mancanza della quale il giudizio prosegue normalmente (Cass S.U., sentenza 04 luglio 1987 n. 5865).

Il consenso alla separazione consensuale può essere revocato da uno o da entrambi i coniugi fino al momento dell’omologazione. Per parte della dottrina il consenso può essere revocato solo fino al momento dell’udienza presidenziale (Trib. di Rimini).

 

FASE DI OMOLOGAZIONE SEPARAZIONE

Il verbale di separazione, letto dal Presidente e sottoscritto dai coniugi, viene trasmesso al Tribunale che procede in composizione collegiale e in camera di consiglio, su relazione del Presidente stesso e previo parere del P.M. (art.711 comma 4 c.p.c.): detta è la fase dell’omologazione, in cui il Tribunale come sopra specificato controlla l’accordo e le sue clausole.

Alla omologazione non partecipano né i coniugi né l’avvocato/avvocati.

Ottenuta l’omologazione, il verbale acquista efficacia legale.

Specificamente, il Tribunale non compie alcuna verifica o indagine circa i motivi della separazione né valuta la validità di tali motivi.

In assenza di figli il Tribunale controlla la legittimità dell’accordo e delle clausole relative ai rapporti tra i coniugi, verificando che esse non siano contrarie a norme imperative, all’ordine pubblico e al buon costume.

In presenza di figli controlla la parte dell’accordo che riguarda il loro affidamento ed il mantenimento.

Se ritiene che l’accordo contrasti con l’interesse dei figli il Tribunale, non potendo modificare le condizioni o integrare la volontà dei coniugi, non omologa il verbale e può riconvocare i coniugi indicando loro le modificazioni da adottare nell’interesse dei figli.

 

RIFIUTO DI OMOLOGAZIONE SEPARAZIONE

Se i coniugi non adottano condizioni idonee o non viene individuata una soluzione adeguata, il Tribunale può rifiutare l’omologazione (art.158 comma 2 cod. civ.).

Il decreto motivato che nega l’omologazione è reclamabile (anche tramite un reclamo congiunto di entrambi i coniugi) davanti alla Corte d’Appello territorialmente competente entro 10 giorni dalla comunicazione (art.739 cod. proc. civ.).

Il reclamo si propone con ricorso che va notificato al coniuge resistente e al P.M.

La Corte d’Appello esamina il reclamo secondo le regole del rito camerale e decide con decreto.

Se ritiene che ricorrano i requisiti di legalità o che le condizioni di separazione concordate tra i coniugi siano rispondenti all’interesse dei figli emette un decreto di accoglimento con il quale omologa direttamente la separazione.

In caso contrario emette un decreto di rigetto del ricorso.

Il decreto non è impugnabile in Cassazione, trattandosi di un decreto sempre modificabile e perciò non definitivo né decisorio.

 

DECRETO DI OMOLOGAZIONE SEPARAZIONE

Se il Tribunale ritiene corrette e legittime le condizioni di separazione non riscontrando profili ostativi o clausole contrarie all’interesse dei figli, emette il decreto di omologazione.

Per effetto del decreto:

– gli accordi di separazione relativi al mantenimento del coniuge e/o affidamento e mantenimento dei figli divengono efficaci;

– i coniugi acquistano lo stato di coniugi separati consensualmente e si assumono l’obbligo di osservare tutte le condizioni concordate nel verbale.

Gli accordi acquistano efficacia di titolo esecutivo anche per l’iscrizione di ipoteca giudiziale sui beni del coniuge obbligato.

Il decreto non passa in giudicato e può essere oggetto di modifica o revoca in ogni tempo.

Se il Tribunale omologa l’accordo, ma lo modifica (senza averne i poteri) prevedendo condizioni diverse da quelle concordate dai coniugi, questi possono proporre reclamo contro il decreto, con le medesime modalità previste avverso il decreto che nega l’omologa.

Se la volontà dei coniugi è viziata (errore, dolo o violenza), il coniuge interessato può agire in giudizio chiedendo l’annullamento del decreto di omologazione. 

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