La protezione dei minori nel diritto europeo dei consumatori.

Alla luce di questa evoluzione dei mercati, l’obiettivo legislativo primario si rinviene nella protezione dei consumatori di bambini con lo scopo di proteggere i diritti dei consumatori, come singoli acquirenti o clienti (oltre la loro età), verso produttori o fornitori. In Europa, le prime definizioni di consumatore lo qualificavano come “qualsiasi persona fisica che agisce per scopi estranei alla propria attività commerciale, professionale o professionale”, mentre la direttiva n. 87/357/CEE specifica riguardante i consumatori di bambini e le situazioni di pericolo per la salute rispetto alle modalità di costruzione dei giochi è stata approvata solo nel 1987. Gli obiettivi della politica comunitaria nella sfera dei consumatori sono principalmente la tutela della salute, della sicurezza e degli interessi economici dei consumatori, nonché l’organizzazione di un sistema che può consentire adeguati strumenti di informazione, consulenza, istruzione, risarcimento dei danni e rappresentanza dei consumatori. Le aree di intervento sono molteplici, riguardano, ad esempio, pubblicità ingannevole, responsabilità del produttore, contratti a distanza, credito al consumo, sicurezza dei prodotti, clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, multiproprietà, dati personali trasformazione, garanzie di beni di consumo, pratiche commerciali sleali.

Oltre alla panoramica generale nel settore, la normativa UE prevede una protezione per i bambini dalle comunicazioni commerciali. Considerando la grave preoccupazione causata dagli sviluppi della comunicazione commerciale diretta ai bambini, le istituzioni comunitarie si sono rivolte per proteggerli da pressioni e sfruttamenti indebiti e per raggiungere un giusto equilibrio tra i diritti dei bambini (e dei loro genitori) e i diritti dei comunicatori commerciali al mercato prodotti e servizi.

In questa prospettiva, vi sono disposizioni specifiche nella normativa dell’UE in materia di pubblicità e pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori. Ancora prima della Regolamentazione europea, si riscontrala pubblicazione di numerose direttive molto incidenti nell’ambito della tematica qui trattata, proprio per l’importanza della questione; infatti la categoria dei minori è inclusa anche in altre disposizioni dell’UE, come “la regolamentazione dei contratti a distanza (dir. 97/7 / CE) che prevede (come norma generale in buona fede relativa ai negoziati contrattuali) che le informazioni preliminari Il cui scopo commerciale deve essere chiaro, deve essere indicato in modo chiaro e comprensibile in qualsiasi modo appropriato ai mezzi di comunicazione utilizzati, nel rispetto, in particolare, dei principi di buona fede nelle transazioni commerciali, e i principi che regolano la protezione di coloro che non sono in grado di esprimere il proprio consenso, come i minori (articolo 4). La direttiva sul commercio elettronico (2000/31/CE) garantisce un elevato livello di protezione dell’interesse pubblico, in particolare: protezione dei minori e della dignità umana del Trattato, la protezione della salute pubblica è una componente essenziale di altre politiche comunitarie)”. Nel 1989 è stata adottata la direttiva Television Without Frontiers che si occupa della posizione dei minori rispetto alla pubblicità televisiva e alla sponsorizzazione di beni e servizi destinati anche ai minori e non solo. Questa direttiva sancisce una disciplina volta alla protezione dei bambini dagli effetti negativi dei messaggi pubblicitari, che mettono a rischio loro la sicurezza e vuole prevenire qualsiasi forma di abuso della loro naturale ingenuità e inesperienza.

A tal fine, esistono disposizioni specifiche in materia di pubblicità televisiva ricavabili dalla Direttiva 89/552 / CEE relativa alle attività di trasmissione televisiva per cui si prevede che “la pubblicità televisiva non deve arrecare danno morale o fisico ai minori e devono pertanto soddisfare i seguenti criteri per la loro protezione: esortare i minori ad acquistare un prodotto o un servizio sfruttando la loro inesperienza o credulità; (b) esso non devono incoraggiarli direttamente a convincere i loro genitori o altri ad acquistare i beni o servizi pubblicizzati; (c) non deve sfruttare la speciale fiducia dei minori nei genitori, negli insegnanti o altre persone; d) non deve mostrare irragionevolmente minori in situazioni pericolose”.

(Vedi studio sull’impatto della pubblicità e della televendita sui minori per DGEAC:  PDF)

Le disposizioni della direttiva del 1989 ha lo scopo di regolamentare il fenomeno conosciuto come Teleshopping al fine di tutelare il consumatore, in particolare quelli di minore età dalle persuasioni studiate da esperti nel settore; quanto detto viene riportato dall’art.16 della direttiva TWF: “La televendita deve soddisfare i requisiti di cui al paragrafo 1 e, inoltre, non esortare i minori a contrattare per la vendita o il noleggio di beni e servizi”.

Nel 2007 è stata emendata la direttiva TWF con la direttiva AVMSD (Direttiva sui servizi di media audiovisivi) in cui le nuove norme prevedono che nei programmi per bambini nono vi debba essere alcuna pubblicità, quando la durata del programma è inferiore a 30 minuti.

Un grande rilievo in materia viene conferito all’art.22, il quale impone agli Stati membri di adottare le misure appropriate per garantire che le trasmissioni televisive non includano programmi che possano ledere lo sviluppo mentale o morale dei minori, in particolare quelli che implicano pornografia o violenza gratuita, nonché incitamento all’odio per motivi di razza, sesso, religione o nazionalità. Questo l’offerta è estesa ad altri programmi a cui i minori potrebbero assistere, salvo che gli stessi si dotino di misure di parental control o prevedano una programmazione in fasce orarie normalmente proibitive per i minorenni.

“La direttiva prende come riferimento il consumatore medio, che è ragionevolmente ben informato e ragionevolmente attento e avveduto, tenendo conto dei fattori sociali, culturali e linguistici pratiche commerciali sleali.

Laddove una pratica commerciale è specificamente rivolta a un particolare gruppo di consumatori, come bambini, l’impatto della pratica commerciale è valutato dalla prospettiva del membro medio di quel gruppo. Per questo motivo, la direttiva include nell’elenco di pratiche che in ogni circostanza sono ingiustamente una disposizione che, senza imporre divieto assoluto di pubblicità diretta ai bambini, proteggendoli dalle esortazioni dirette a comprare.

Successivamente la disciplina europea regolamenta quella casistica che la legge considera come “pratiche commerciali che sono in ogni caso considerate sleali e vietate ex art.5 quelle che includono in una pubblicità un’esortazione diretta ai bambini per acquistare prodotti pubblicizzati o convincere i loro genitori o altri adulti ad acquistare prodotti pubblicizzati per loro (vedi Allegato 1, n. 28).”

In conclusione, possiamo affermare che il diritto dei consumatori protegge i minori principalmente per quanto riguarda la loro sicurezza e salute che viene attuata mediante la regolamentazione anche della pubblicità al fine di eliminare quelle condotte commerciali che siano pericolose la naturale imperizia, credulità e convincibilità dei minori. Tutte queste disposizioni specifiche devono essere considerate complementari rispetto alle disposizioni generali per i consumatori, in applicazione delle dichiarazioni internazionali dei diritti, come l’art.17 della Convenzione delle Nazioni Unite che riconosce la funzione importante sviluppata dai media per la promozione “sociale, spirituale e benessere morale dell’infanzia”.

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