Dubbi sull’installare un impianto di videosorveglianza all’interno dei propri locali di lavoro?
In linea generale, il datore di lavoro ha la facoltà di poter scegliere di dotarsi di sistemi di videosorveglianza che – anche indirettamente – potrebbero controllare il lavoro del dipendente o del collaboratore. È necessario valutare attentamente le due posizioni con reciproci interessi e diritti, talvolta opposti al fine di garantire il corretto esercizio della misura tecnica di sicurezza. L’attuale normativa europea in tema di trattamento dati, G.D.P.R. o Regolamento Europeo n.679/16 e Considerando, disciplina la materia con rigidi e doverosi presupposti, i quali devono essere posti in combinato disposto alla normativa giuslavoristica contenuta all’interno dello Statuto dei Lavoratori. Sul punto è necessario introdurre il principio di responsabilizzazione o “accountability”, il quale statuisce che il Titolare del trattamento è responsabile delle scelte e delle azioni poste in essere nel trattamento dei dati dell’Interessato, come disciplinato nell’art. 5.2 GDPR.
La vigente normativa richiede di dover rendere agli interessati una doppia informativa, al fine di poter considerare compliant l’introduzione della misura di tecnica di sicurezza all’interno del luogo di lavoro; nello specifico, un’informativa, detta minima, si traduce concretamente nell’esposizione di cartello dedicato all’area videosorvegliata prima del raggio di azione della telecamera, conosciuta anche come informativa iconografica capace di rendere sinteticamente le informazioni al terzo necessarie al corretto trattamento.
In seconda istanza, il Titolare del trattamento, ovvero il datore di lavoro, dovrà fornire una seconda informativa privacy che dovrà esplicitare i dati di contatto del Titolare del trattamento, le finalità del trattamento, la base giuridica, che qui risiede nell’interesse legittimo del Titolare ex art. 6, comma 1, lett. f) del GDPR, i destinatari del trattamento, l’eventuale trasferimento degli stessi all’estero, i diritti dell’Interessato. Il Garante privacy pro tempore ha reso noto che le finalità del trattamento volte alla protezione e incolumità degli individui, della proprietà, rilevazione, prevenzione e controllo delle infrazioni svolti dai soggetti pubblici devono essere esplicite e legittime e sarà inoltre necessario adottare adeguate misure di sicurezza a protezione dei dati raccolti: nello specifico l’Autorità in materia riferisce che “devono essere adottate specifiche misure tecniche ed organizzative che consentano al titolare del trattamento di verificare l’attività svolta da parte di chi accede alle immagini o controlla i sistemi di ripresa.
Per quanto riguarda, infine, la base giuridica che legittima il trattamento mediante videosorveglianza permettendone la liceità, essa risiede solitamente nell’interesse legittimo ex art. 6, comma 1, lett. f) del GDPR. Oltre alla liceità, rimangono fermi anche i principi di necessità – che vieta un uso superfluo o eccessivo dello strumento – e di proporzionalità”. Il tema della videosorveglianza impone di leggere in combinato disposto le sue norme con quelle contenute nello Statuto dei Lavoratori, ovvero la Legge n.300/70, precisamente l’articolo 4. La norma considera la necessità del datore di lavoro di installare impianti audiovisivi per altri fini espressamente indicati: esigenze organizzative e produttive, sicurezza sul lavoro, tutela del patrimonio aziendale, quindi certamente le finalità indicate nello Statuto non autorizzano il controllo dell’attività dei lavoratori.
Al fine procedere correttamente con l’installazione dei sistemi di videosorveglianza, il datore di lavoro e le rappresentanze sindacali o aziendali devono sottoscrivere un accordo collettivo che disciplini il funzionamento e l’utilizzo dell’impianto di videosorveglianza. In mancanza di rappresentanza sindacale, il datore di lavoro deve rivolgersi all’ispettorato del Lavoro territoriale per chiedere ed ottenere un’autorizzazione mediante un’istanza debitamente compilata.
La violazione di suddette prescrizioni è disciplinata e penalmente sanzionata dal combinato disposto degli artt. 4 e 38 della legge n.300 del 1970. Sul tema della videosorveglianza in azienda, si era già pronunciato il Garante affermando che “la rilevazione delle immagini può avvenire senza consenso, qualora sia effettuata nell’intento di perseguire un legittimo interesse del titolare o di un terzo attraverso la raccolta di mezzi di prova o perseguendo fini di tutela di persone e beni rispetto a possibili aggressioni, furti, rapine, danneggiamenti, atti di vandalismo, o finalità di prevenzione di incendi o di sicurezza del lavoro”.
È sulla base di un bilanciamento interpretativo dell’art.4 dello Statuto che le parti in gioco dovrebbero e devono orientarsi, così che tutti i diritti e gli interessi trovino la giusta protezione giuridica. A tal proposito, sono state prodotte le informative privacy come sopra citate e consegnate al cliente Tizio in modo da coinvolgere solo le rappresentanze sindacali o l’ispettorato del Lavoro competente per ottenere la documentazione necessaria a procedere con l’installazione del sistema di controllo e a non incorrere nelle cospicue sanzioni prospettate nell’art.83 GDPR in materia.