Il consenso informato. Conseguenze della violazione del consenso.

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Il consenso informato

Come anticipato nell’articolo precedente “La responsabilità medica. Il grande scoglio del consenso informato”, esistono determinate cause che permettono di escludere l’antigiuridicità della condotta del professionista e della struttura sanitaria.

Tra queste si richiamano: il consenso informato, lo stato di necessità medica e l’adempimento di un dovere.

Le basi del principio di diritto secondo cui ogni intervento medico svolto in assenza di consenso è illecito, si rinviene nell’enunciato di cui all’art. 50 c.p. secondo il quale “Non è punibile chi lede o pone in pericolo un diritto, col consenso della persona che può validamente disporne”, in combinato disposto con l’art. 32 Cost. secondo cui “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”.

Nell’ambito sanitario il consenso informato, quindi, è volto a garantire un’informazione deontologicamente, eticamente e giuridicamente corretta dell’atto medico proposto, affinchè alla persona assistita sia assicurata la facoltà di esprimere liberamente e consapevolmente la propria scelta in merito alle opzioni diagnostiche terapeutiche proposte.

Il consenso dovrà essere personale, esplicito, specifico, libero attuale, informato e consapevole e conforme allo stato dell’arte, ovverosia al livello cui sono giunte le conoscenze in quel determinato ambito scientifico.

Il consenso deve essere espresso dal soggetto che ha la disponibilità del bene giuridico e “ante factum” ovverosia deve sussistere nel momento in cui viene posto in essere il trattamento medico, se prestato dopo che l’intervento sia stato compiuto non potrà essere qualificato come causa di giustificazione.

Le violazioni

Come anticipato, l’inadempimento da parte del sanitario o della struttura degli obblighi di corretta informazione in favore del paziente comporta differenti conseguenze: bisognerà infatti valutare se il trattamento ha avuto esito fausto o infausto.

Se l’esito è infausto e deriva da una condotta colposa del medico e se il paziente, in relazione a quello specifico trattamento, non avrebbe prestato consenso allora dovrà vedersi risarcito sia del danno biologico che del danno alla lesione della libertà di autodeterminazione. 

Se l’esito è, invece, positivo (quindi se il trattamento/intervento è stato eseguito correttamente e se non c’è stata lesione alcuna dell’integrità psico-fisica del paziente), allora potrà essere risarcito solo il danno da lesione della libertà di autodeterminazione e, anche in questo caso, solo a condizione che il paziente abbia patito conseguenze “inaspettate”.

Questo perché la violazione del consenso informato rileva solo nel caso in cui tale violazione abbia procurato un effettivo e concreto danno per il paziente: non è quindi sufficiente l’essere stati malinformati o non informati, serve un danno.

Resta però che, indipendentemente dalla correttezza dell’intervento e dall’adeguata condotta del sanitario, il danno da violazione del consenso informato è un danno autonomamente risarcibile, che deve vedersi separato rispetto al danno derivante dall’intervento/trattamento o dalla condotta del sanitario.

Come precisato dal Tribunale di Napoli sent.8156/2018, infatti, “costituisce danno-conseguenza autonomamente risarcibile la lesione del diritto fondamentale all’autodeterminazione cagionata dalla violazione, da parte del medico, dell’obbligo di acquisire il consenso informato del paziente, anche nel caso di interventi sanitari correttamente eseguiti”.

Tale differenziazione viene ben precisata dalla Corte di Cassazione nella pronuncia 7248/2018 ove gli Ermellini precisavano che “in materia di responsabilità per attività medico-chirurgica la violazione, da parte del medico, del dovere di informare il paziente, può causare due diversi tipi di danni: un danno alla salute, sussistente quando sia ragionevole ritenere che il paziente, su cui grava il relativo onere probatorio, se correttamente informato, avrebbe evitato di sottoporsi all’intervento e di subirne le conseguenze invalidanti; nonché un danno da lesione del diritto all’autodeterminazione in se stesso, il quale sussiste quando, a causa del deficit informativo, il paziente abbia subito un pregiudizio, patrimoniale oppure non patrimoniale (ed, in tale ultimo caso, di apprezzabile gravità), diverso dalla lesione del diritto alla salute”.

Avv. Giulia Invernizzi

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