La definizione di affitto d’azienda la ritroviamo nel codice civile e precisamente agli art.2561 e 2652 i quali statuiscono che il proprietario di un’azienda trasferisce ad un terzo la gestione della stessa in cambio di un prezzo, ovvero di un canone periodico, mantenendone però la proprietà.
L’affittuario subentra nella pienezza dei rapporti facenti capo al concedente ed acquisisce le prerogative di godimento e di disposizione medesime del proprietario.
Il nuovo Codice della Crisi e dell’Impresa richiama e disciplina l’affitto d’azienda sia nella procedura di concordato che nella liquidazione giudiziale.
Nel caso di crisi d’impresa, il contratto di affitto spesso viene utilizzato per ottenere un risanamento dell’impresa. Difatti, con l’affitto d’azienda viene tutelato il valore della medesima e i livelli occupazionali evitando il rischio dell’attività. Con tale situazione aumentano i flussi di cassa (grazie all’incasso dei canoni di locazione) e vengono così, tutelati gli interessi dei creditori.
In materia di concordato il secondo comma dell’art.94 CCII dispone che “fermo il disposto dell’articolo 46, i mutui, anche sotto forma cambiaria, le transazioni, i compromessi, le alienazioni di beni immobili e di partecipazioni societarie di controllo, le concessioni di ipoteche o di pegno, le fideiussioni, le rinunzie alle liti, le ricognizioni di diritti di terzi, le cancellazioni di ipoteche, le restituzioni di pegni, le accettazioni di eredità e di donazioni e in genere gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione, compiuti senza l’autorizzazione del giudice delegato, sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al concordato”. Pertanto, con la dicitura di atti eccedenti l’ordinaria amministrazione viene ricompreso l’affitto d’azienda anche per la procedura concordataria.
Il tribunale, in caso di urgenza, dopo aver sentito il commissario giudiziale, può autorizzare l’esecuzione di questi atti senza dar luogo a pubblicità e a procedura competitive. Tale circostanza è consentita nell’ipotesi in cui può essere compromesso irreparabilmente l’interesse dei creditori al miglior soddisfacimento. Resta comunque salva la necessità di dare adeguata pubblicità e comunicazione ai creditori del provvedimento e del compimento dell’atto.
Oltre nella disciplina del concordato, anche per la liquidazione giudiziale è previsto l’affitto d’azienda sia all’art.184 CCII che all’art.212 CCII.
L’art.184 CCII statuisce che “L’apertura della liquidazione giudiziale nei confronti del concedente non scioglie il contratto di affitto d’azienda, ma il curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori, può recedere entro sessanta giorni, corrispondendo alla controparte un equo indennizzo, che, nel dissenso tra le parti, è determinato dal giudice delegato, sentiti gli interessati. L’indennizzo è insinuato al passivo come credito concorsuale”.
In caso di recesso del curatore e comunque alla scadenza del contratto, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 212, comma 6”.
“In caso di apertura della liquidazione giudiziale nei confronti dell’affittuario, il curatore può in qualunque tempo, previa autorizzazione del comitato dei creditori, recedere dal contratto, corrispondendo al concedente un equo indennizzo per l’anticipato recesso, che, nel dissenso fra le parti, è determinato dal giudice delegato, sentiti gli interessati. L’indennizzo è insinuato al passivo come credito concorsuale.”
Pertanto, il CCII distingue tra liquidazione giudiziale del locatore e quella dell’affittuario in cui, nel primo caso il curatore può recedere entro 60 giorno dal contratto mentre, nel secondo caso dell’affittuario non prevede alcun termine.
Infine l’art.212 CCII riprende l’affitto d’azienda nella Liquidazione giudiziale statuendo che “Anche prima della presentazione del programma di liquidazione di cui all’articolo 213, su proposta del curatore, il giudice delegato, previo parere favorevole del comitato dei creditori, autorizza l’affitto dell’azienda del debitore a terzi, anche limitatamente a specifici rami, quando appaia utile al fine della più proficua vendita dell’azienda o di parti della stessa. La scelta dell’affittuario è effettuata dal curatore a norma dell’articolo 216, sulla base di stima, assicurando, con adeguate forme di pubblicità, la massima informazione e partecipazione degli interessati. La scelta dell’affittuario deve tenere conto, oltre che dell’ammontare del canone offerto, delle garanzie prestate e della attendibilità del piano di prosecuzione delle attività imprenditoriali, avuto riguardo alla conservazione dei livelli occupazionali. Il contratto di affitto stipulato dal curatore nelle forme previste dall’articolo 2556 del codice civile deve prevedere il diritto del curatore di procedere alla ispezione della azienda, la prestazione di idonee garanzie per tutte le obbligazioni dell’affittuario derivanti dal contratto e dalla legge, il diritto di recesso del curatore dal contratto che può essere esercitato, sentito il comitato dei creditori, con la corresponsione all’affittuario di un giusto indennizzo da corrispondere in prededuzione. La durata dell’affitto deve essere compatibile con le esigenze della liquidazione dei beni. Il diritto di prelazione a favore dell’affittuario può essere concesso convenzionalmente, previa autorizzazione del giudice delegato e previo parere favorevole del comitato dei creditori. In tale caso, esaurito il procedimento di determinazione del prezzo di vendita dell’azienda o del singolo ramo, il curatore, entro dieci giorni, lo comunica all’affittuario, il quale può esercitare il diritto di prelazione entro cinque giorni dal ricevimento della comunicazione.
La retrocessione alla liquidazione giudiziale di aziende, o rami di aziende, non comporta la responsabilità della procedura per i debiti maturati sino alla retrocessione, in deroga a quanto previsto dagli articoli 2112 e 2560 del codice civile. Ai rapporti pendenti al momento della retrocessione si applicano le disposizioni di cui alla sezione V del capo I del titolo V”.