Il diritto del minore ad una famiglia.
La L. n.184/83 disciplina l’istituto dell’affidamento familiare – recentemente riformato dalla Legge del 19/10/15, n.173 – istituito nato per supplire a situazioni di temporanea inabilità dei genitori esercenti la responsabilità genitoriale.
L’affido familiare.
L’affidamento familiare è un istituto volto a tutelare il minore per una durata stabilita e che può sfociare in un reinserimento nella famiglia di origine o nella dichiarazione dello stato di adottabilità; a quest’ultima fase si accede quando è reso manifesto che i genitori non appiano più in grado di espletare la loro funzione genitoriale.
Le circostanze fattuali che possono portare il minore a vivere in un contesto familiare non adatto possono riguardare sia lo stato di indigenza economica sia essere rinvenute nel genitore stesso (gravi carenze comportamentali o malattie).
In tal caso i minori possono essere affidati:
- ad un’altra famiglia, possibilmente con figli minori;
- a una persona singola;
- o a una comunità di tipo familiare
al fine di assicurare loro il mantenimento, l’educazione e l’istruzione.
Il procedimento.
Il procedimento ha inizio spesso con una segnalazione al servizio sociale, previo consenso prestato dai genitori (o dal genitore) esercenti la potestà o dal tutore; per il minore che ha compiuto i dodici anni o di età inferiore, è prevista, poi, l’audizione personale, vista la sua capacità di discernimento. Nel caso in cui i genitori o il tutore non prestino il consenso, provvede il tribunale per i minorenni applicando la normativa di cui agli artt. 330 del c.c. e seguenti.
Talvolta il procedimento trae origine dalla pronuncia di decadenza dalla responsabilità genitoriale emessa dal tribunale per i minorenni a dare avvio all’iter di affidamento.
Nel provvedimento deve essere indicato il periodo di presumibile durata dell’affidamento, poiché vanno considerati tutti gli interventi programmati al riassestamento della famiglia d’origine. Il fine è sempre quello di poter riprendere la propria vita nel tessuto familiare originario, in cui l’affido riveste la soluzione sussidiaria. A tal fine, il periodo di allontanamento non può superare la durata di due anni ma è prorogabile dal tribunale qualora la sospensione dell’affidamento provochi un pregiudizio al minore.
L’affido può essere anche a tempo parziale, per cui i genitori affidatari intervengono solo per alcune ore del giorno o brevi periodi.
in questo caso il minore non viene allontanato dalla propria casa, e l’affidatario svolge una funzione di sostegno complementare.
Soggetto che può essere nominato affidatario.
L’affidamento può essere intra-familiare o etero-familiare.
I genitori possono affidare il figlio minore a parenti entro il quarto grado, senza limiti di durata, mentre chi non sia parente entro il quarto grado deve notiziare il procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, una volta decorso il sesto mese (cfr. art. 9 della Legge n.184/83).
L’omissione della segnalazione può comportare l’inidoneità a ottenere affidamenti familiari o adottivi e tale condotta può comportare la decadenza dalla potestà sul figlio a norma dell’art. 330 c.c. e l’apertura della procedura di adottabilità.
La norma non si applica, pertanto, se il minore è affidato a parenti entro il quarto grado (nonni, zii e cugini).
Per quanto riguarda l’affidamento a terze persone possono avere in affidamento un minore anche le coppie di conviventi o single; ciò si pone in contrasto con l’adozione che è consentita solo a persone coniugate da almeno tre anni.
L’idoneità degli affidatari è stabilita tramite un percorso di diversi colloqui sulla base dei seguenti parametri:
- età;
- condizione psicofisica;
- abitazione;
- autosufficienza economica;
- motivazioni all’affido;
- storia personale e/o di coppia.
L’affidatario esercita i poteri connessi con la potestà parentale e ha diritto di ricevere da parte del servizio sociale un assegno mensile corrispondente al periodo della durata dell’affidamento per contribuire alle spese relative del minore.
Quanto alla famiglia d’origine, questa deve mantenere validi rapporti con il figlio e rispettare il programma stabilito dagli operatori per favorire la normalizzazione della vita familiare.