I riders? Prime sentenze in merito a questa nuova figura professionale.

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La recente sentenza della Suprema Corte, precisamente la n.1663/20, ha statuito che i c.d. riders della nota big Foodora hanno diritto ad essere garantiti dalle stesse tutele spettanti ai lavoratori dipendenti, in ossequio all’articolo 2, comma 1, Decreto legislativo 15/6/215, n.81

La vicenda.

All’inizio del 2019, la Corte di Appello di Torino, veniva interpellata a seguito del rigetto integrale delle domande dei ricorrenti da parte del giudice di primo grado, che non riconosceva i riders come lavoratori subordinati né estendeva loro la disciplina del lavoro subordinato alle collaborazioni coordinate e continuative contenute nel Job Act.

La Corte torinese riformava parzialmente la sentenza del Tribunale del capoluogo piemontese riconoscendo il diritto dei ricorrenti “a vedersi corrispondere quanto maturato in relazione all’attività lavorativa da loro effettivamente prestata in favore di Foodora, ai sensi dell’art. 2, D.lgs. n. 81/2015”.

Nello specifico, l’art. 2, D.lgs. n. 81/15 darebbe spazio ad una terza categoria – un tertium genus – che si pone tra il lavoro subordinato e una collaborazione coordinata e continuativa, confermando la natura etero-organizzata del rapporto sulla base del modus di Foodora circa l’inquadramento lavorativo.

La Corte riconosce così le tutele proprie del lavoro subordinato, quali la sicurezza e igiene, retribuzione diretta e differita, limiti di orario ferie e previdenza, resta esclusa invece la tutela contro i licenziamenti, contro cui veniva proposto ricorso in Cassazione da parte della società datrice di lavoro. 

Pronuncia degli Ermellini.

Il ricorso per Cassazione, respinto infine integralmente, aveva lo scopo di rettificare l’interpretazione del giudice di secondo grado sottolineando che non sussiste una nuova terza categoria legale considerando l’etero-organizzazione, un elemento già tipico della subordinazione, applicabile ove vi sia stata “una ingerenza più pregnante nello svolgimento della collaborazione, eccedente quindi l’etero-determinazione”.  

La Suprema Corte invero esplicita che “il Legislatore, in una prospettiva anti-elusiva [mediante l’art.2, comma 1] ha inteso limitare le possibili conseguenze negative [derivanti dalla “riemersione” delle collaborazioni ex art. 409 c.p.c.], prevedendo comunque l’applicazione della disciplina del rapporto di lavoro subordinato a forme di collaborazione, continuativa e personale, realizzate con l’ingerenza funzionale dell’organizzazione predisposta unilateralmente da chi commissiona la prestazione”.

Nei casi in cui la collaborazione ex articolo 409 n.3 c.p.c. è connotata da modalità di esecuzione della prestazione imposte dal committente, così da integrare la etero-organizzazione, troveranno applicazione tutte le tutele del lavoro subordinato (non solo per i riders ma per qualsiasi collaboratore etero-organizzato). In conclusione, sarà utile e doveroso verificare se le innovazioni legislative e giurisprudenziali riusciranno a regolare e disciplinare il nuovo tessuto sociale stante la rapida evoluzione delle piattaforme e di tutta l’economia digitale.

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